luisellabolla.it - Diario di una telescrivente

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Schermo, schermo delle mie trame...

 

15 Set 2009

Voglio una scuola spericolata

Ma come si fa a cominciare l’anno scolastico senza sapone nei bagni? Come si fa??? Giamburrasca Guardate la maestra di Vieste, sulla punta estrema del Gargano, col cappotto inzuppato di sale: affronta la traversata e il mare grosso su un gozzo per raggiungere due (due) alunni, i figli del guardiano del faro militare sull’isolotto di Sant’Eufemia. E guardate le creature di una frazione sperduta tra le sassose colline del modenese: sospesi nel vuoto, su una carrucola agganciata a una corda d’acciaio tesa sul fiume Panaro, raggiungono la meta: un banco, una lavagna, un insegnante. Pensate che li aspetti la saponetta? L’acqua calda? La carta igienica?

Giamburrasca

Guardate e prendete esempio. Esempio di autentici benemeriti della scuola, in cattedra e nei banchi, senza lamentazioni e autocommiserazione. Non  ci credete? Escono dal film-documentario di Italo Moscati Giamburrasca & C. I primi giorni di scuola e anche i secondi, (su RaiTre per La grande storia). Sangue sudore e lacrime di un secolo di scuola, di valori della bandiera, della divisa, della ginnastica, di Cuore e Macarietto scolaro perfetto, di scuola dei vecchi sceneggiati, inchieste e rubriche giornalistiche. Prendete esempio da un primo giorno di scuola in una prima elementare di una scuola di Torino, e da un maestro più unico che prevalente: “Io sarò per voi un fratello maggiore. Non dovete aver paura di me. Vi educherò col cuore e non con le percosse o con le minacce. Io credo nella bontà naturale del fanciullo… Tu mi capisci, non è vero?”. Il bambino nel primo banco lo guarda con gli occhioni spalancati: “A capisu nen l’italian!” Parla solo il dialetto delle valli, il piccolino. E la scuola si rimbocca le maniche per insegnargli la lingua nazionale. Quando arriva il bambino del profondo sud, il maestro non ha un attimo di esitazione: “Tu come ti chiami? De Rossi? Sei di Torino? Bene, vieni qui. Ora il Piemonte a nome di tutta la classe abbraccerà la Calabria”. Ieri, alla domanda ‘chi vorresti essere da grande’, gli scolari del sud rispondevano: voglio essere Garibaldi. Oggi, sui quotidiani, rimbalza la notizia che il Senatur si è rifiutato di mangiare al ristorante che si chiama “Ai garibaldini”. Su Telepadania ha debuttato il telegiornale in bergamasco soft, “un po’ da città perché fosse comprensibile da Treviglio all’Alta Valle”.

E allora? Se la scuola in bianco e nero vi dà la tremarella controllate la cacarella, orfani dello scopino. Maschere a gas, vi aspettano, altro che saponette alla rosa. La parola d’ordine è: qui nessuno se ne lava le mani.

07 Set 2009

Vita da cani

Ciondolo Joker

Joker è un cucciolo sano e gioioso, ma è nato con un solo testicolo. Non va bene, lo deve togliere. “Tutta la famiglia deve farsi operare”, dice la madre-padrona, in viaggio verso la fiabesca RosenPark del dottor Sattler, la clinica tedesca che restituisce alle pazienti gli antichi fasti della bellezza. Tre settimane di chirurgia estetica intensiva, 66.000 euro per: liposuzione addome cosce e girovita, lifting sopracciglio, blefaroplastica, laser antirughe, riempimento labbra, trucco permanente, sostituzione protesi seno, laserterapia decolletè, lipoaspirazione braccia, ricostruzione totale dei denti. E cancellazione del tatuaggio dedicato al terzo marito, ormai obsoleto. Oltre a Joker e a Mattia (il suo quinto marito) con la signora viaggia la cagnetta Tootsie: ha degli orribili peletti sotto il labbro, è ora di eliminarli con il laser. Prima del ricovero, un salto ai grandi magazzini per comprare due pigiami e una boccia di cristallo dove conservare tutto il grasso che le aspireranno: servirà per organizzare un’asta di beneficenza e raccogliere fondi per un ospedale per bambini. “Ciao ciao vecchia brutta racchia. Non ci rivedremo più”, dice la signora (quarantaseienne) allo specchio. Tutti sono pronti, la rivoluzione può iniziare!

Ma la ruota non gira sempre nel senso giusto. Ci sono cose che vanno bene e cose che vanno male. Fatalità, agguati, destino. Joker muore durante l’intervento di castrazione per arresto cardiaco. Il veterinario è mortificato (mai successo in tanti anni di carriera), il chirurgo è preoccupato: la scomparsa di Joker potrebbe avere serie ripercussioni sullo stato psicologico della sua paziente. E se decidesse di interrompere gli interventi? “Dobbiamo capire come aiutarla… uhm… potremmo darle un sedativo”. La baronessa miliardaria è venuta a trovare l’amica, e sa come consolarla: “Pensa se fosse capitato a te, cara. Meglio al cane che a te”.

Joker è stato cremato da una ditta specializzata. Sulla terrazza della clinica, il giardiniere e il becchino aspettano i familiari per l’addio. Le ceneri del poveretto sono state raccolte in due urne a forma di cuore. Un’urna sta per essere sepolta nel giardino della clinica, l’altra sarà spedita a Los Angeles. Il becchino riempie con qualche grammo di cenere anche due ciondoli che saranno indossati dalla signora e dal marito. Il gruppo si muove verso il punto del parco scelto dal giardiniere per la sepoltura. Lacrime tra le rose.

Il giorno dopo è un altro giorno. Un caldo sole estivo splende su RosenPark. La signora non sembra mostrare segni di depressione. Vuole portare a termine il programma. E con lei c’è già un Joker nuovo di zecca, così uguale al defunto che sembra clonato. Restate su Italia 1, siamo solo alla seconda puntata di Celebrity Bisturi. Dimenticavo: la padrona del cane è Brigitte Nielsen, la padrona di casa (fa gli stacchetti sul canapé) è Elisabetta Gregoraci. Subito dopo la pubblicità, Irene Pivetti opera con il Bisturi de Noantri.

21 Lug 2009

Il polso della situazione

La mano di Costantino

Sul rettilineo che unisce Ivrea a Quincinetto tre suore corrono a bordo di una Ford Fiesta diesel. Imboccano l’autostrada e imbroccano la pattuglia della Stradale. Andavate a 180 chilometri orari! Sì, va beh, ma solo perché eravamo in ansia per Sua Santità. Le consorelle avevano ascoltato al Giornale radio la notizia della frattura del polso di papa Ratzinger, e stavano volando da Lui, all’ospedale di Aosta. Multata e privata della patente, la suora al volante ha promesso che ricorrerà al giudice di pace. “Non ci sono più i cattolici di una volta”, scrive Michele Serra (La Repubblica 18 luglio) riferendo di Formigoni vestito come Fabrizio Corona, maglietta arancione luminescente aperta sul decolletè, per un evento propedeutico all’Expo di Milano. Non ci sono più limiti a trattenere i cattolici di una volta, limiti di velocità, di disciplina, di stato di diritto. Anche i vocati al Signore si comportano come buona parte degli italiani: violano la legge e hanno la scusa pronta, in alcuni casi ultraterrena. Il parroco beccato dall’etilometro su un’altra strada italiana ribatte: è vero, non sarei dovuto stare al volante, ma ho celebrato tre messe col Vin Santo, non è un buon motivo? Il fine (Dio, il Papa) giustifica i mezzi (l’automobile). E allora, con i migliori auguri: Sua Santità, non appena le toglieranno il tutore al polso, intervenga con mano autorevole. Ingiunga ai suddetti un atto di contrizione. Almeno quello. E punti l’indice pure sulle consorelle in coda all’ingresso dei musei Vaticani. Vedesse come sgusciano avanti senza rispettare la fila chilometrica. Stavamo recitando il rosario, ci siamo distratte... Intervenga, Santo Padre, prima che qualche turista indispettito le ribattezzi ‘le furbette della Sistina’.

11 Lug 2009

Un diavolo per capello

Capelli

“Sei scialba!”. “E tu sei pelosa!”. C’è poco da fare, le donne si accapigliano, rintuzzate dai media, incanalate nei clichè. Mentre il mondo delle merci gongola, ammannendo leccornie e beveroni, euforia e disforia. Biondo spumeggiante di Afrodite e di Barbie, della Peroni e del crodino. Bruno passione della liquirizia e del cioccolato, di miss Morositas ieri e Michelle (Obama) oggi. Ed ecco su ‘La Repubblica’ le foto-medaglione di sei attrici che dettano le mode: Scarlett Johansson, Cameron Diaz, Laura Chiatti, Victoria Beckham, Nicole Kidman, Reese Whiterspoon, appena passate dal biondo al castano. E il mondo, tutto il mondo dei desideri, all’improvviso vira con loro. Per gli antropologi il ritorno al castano è un segno dei tempi che cambiano, la meridionalizzazione in atto del mondo, la sensualità del sud che si prende finalmente la rivincita. Per i ricercatori di tricologia socio-economica le brune fanno più carriera, denaro e incetta di principi azzurri. Biondo e bruno, issa e ammaina la bandiera double-face del successo e dell’insuccesso, della leadership e del potere! Ma quanto tormento dietro il tormentone. I primi esperimenti di shampoo e tinture colorate cominciano a 20 anni e in media le donne provano quattro tonalità nel corso dell’esistenza, tanto che il 15 % non è più in grado di ricordare l’esatto timbro della propria chioma originale. Così precipita nell’oblio, giusto in tempo per scorgere allo specchio i primi capelli bianchi. Che sarebbe il colore dell’indipendenza, ma guai a dirlo: al mondo di oggi fa rizzare i capelli in testa.

04 Lug 2009

Scopri la differenza 3

Noemi Letizia e la madre

Erano tutti i giorni sui giornali, stesse posture, stessi calici alzati, stessi compagni di feste e festini. Non se ne poteva più. Ora, con calma, si può cominciare ad osservarle con più attenzione, come bifore di un chiostro bizantino, frammenti di architettura femminile contemporanea. Facce complementari che allacciano affinità somatica e dissonanza espressiva, desiderio e disillusione, sfida e compromesso, speranza e resistenza. Consapevoli o inconsapevoli portavoce di stereotipi: sottolineano un’alleanza estetica? si puntellano l’una con l’altra? combinano le forze? affilano le armi? Facce che danno filo da torcere a chi cerca di capirci qualcosa al di là del ciarpame, del rumore dei media, della logica del giudizio e pregiudizio. Sciolto dal bozzolo dell’attualità, il gioco di specchi tra madre e figlia è un’immagine non-finita, una sinfonia incompleta. Da vedere, con buona pace di Michelangelo e di Beethoven, fuori dai canoni dei rotocalchi e della tv.

27 Giu 2009

Scopri la differenza 2

Veronica Maya Rita dalla Chiesa

Aspettavamo la solita replica estiva e invece è arrivata la replicante. Altre due sembianti a sorpresa, e il gioco continua (vedi diario 13 giugno) La signora in foto a sinistra conduce Forum tutti i giorni all’ora di pranzo su Rete4. La signora in foto a destra conduce Verdetto finale tutti i giorni all’ora di pranzo su RaiUno. Lavorano in coppia su reti concorrenti: verificate facendo zapping tra le 14 e le 15 dal lunedì al venerdì. Guardatele bene: occhi, naso, labbra, mento, zigomi, acconciatura, espressione. Non sottovalutate l’arcata superiore dentaria. Sembrano madre e figlia, una il ritratto dell’altra con un quarto di secolo di differenza. Sorpresi? Sì, ma in fondo le donne televisive si somigliano un po’ tutte. Come no, anche i programmi si assomigliano un po’ tutti, signora mia. E per argomento, formato, orario di palinsesto Forum e Verdetto finale sono due facce dello stesso tribunale televisivo, l’arena bipartisan di RaiSet. Scoprite le differenze del format: il pittore col baschetto che fa lo schizzo del processo (come il Beltrame di primo Novecento sulla “Domenica del corriere”) e il portinaio che dipinge le vicende condominiali su Rete4; il presidente vip con dieci giurati popolari chiusi nello sgabuzzino e il televoto del condominio Italia che telefona da casa; l’architettura a colonnette palladiane e il coro di boiserie; l’operaio incallito che grida “Avvoca’!” rivolto all’accusa e le due vedove che si contendono il loculo più vicino al defunto marito (“chi prima arriva meglio alloggia” se la sbriga il giudice). La fisionomica delle conduttrici intanto è scivolata dal primo piano al subconscio. Che gli autori di Verdetto finale dicano la verità, tutta la verità nient’altro che la verità: la conduttrice è stata scelta proprio per la somiglianza fisionomica con la collega di Rete4, o è stata una svista? Ce lo dicano, così possiamo continuare le nostre riflessioni, e continuare la caccia.

20 Giu 2009

Pietre di paragone

Lydia Guevara

Formidabili le antenne di Giorgio Dell’Arti su “La Stampa”: cominciano segnalando il programma televisivo del giorno e finiscono per illuminare lo spirito del tempo. Oggi, annunciando la messa in onda pomeridiana su Raiuno del film-documentario “La marcia dei pinguini”, Dell’Arti annota un grappolo di informazioni sui costumi sessuali dei simpatici pennuti degno di fare pendant alle pagine di politica interna. “Le femmine dei pinguini di Adelia in Antartide, quando non c’è il consorte, si procurano le grosse pietre con cui costruiscono il nido cercando un altro maschio e concedendogli prestazioni sessuali in cambio di sassi”. Così, semplicemente, senza aggrovigliarsi nel laconico “scagli la prima pietra chi…”. Annota poi Dell’Arti: “Le coppie omosessuali tra pinguini durano tutta la vita”. Etologia versus Teologia? A proposito di sesso, a pagina 37 La Stampa segnala che i big cantanti e le big cantanti partecipano divisi al concerto benefico per l’Abruzzo: i maschi cantano oggi all’Olimpico di Roma, le femmine domani al San Siro di Milano. La portavoce Laura Pausini ha dichiarato a Matrix: “Nessuna ha chiesto se c’era il camerino, abbiamo tutte le tette”. Etologia chiama Ideologia. Sempre su La Stampa di oggi, ecco le tette di Lydia Guevara, in basco rosso e bandoliera di carote a favore di una nota associazione americana per i diritti degli animali. “E’ uno stile di vita che mi ha fatto diventare una vera rivoluzionaria”, ha detto la nipote del Che. Se riusciamo a metterci d’accordo sulla differenza che passa tra un hamburger, una bistecca e un bisteccone noi donne siamo a cavallo. E i cavalieri restano a casa.

13 Giu 2009

Scopri la differenza!

Mara Carfagna Caterina Balivo

Notizie da Misslandia, già terra delle Sirene, poi scuola di velinismo regionale, oggi cuore della noemesi e delle sue infinite incarnazioni. La Campania ha il primato nazionale per numero di partecipanti ai concorsi di bellezza, tra le 1200 e le 1400 contro le 300 del Lazio e il tetto di 1000 raggiunto dalla Lombardia. Molte sperano che la fascia di miss possa far impennare le loro quotazioni in vista del matrimonio, e pare che l’autopromozione funzioni davvero nella gestione del pacchetto corteggiatori. Il fenomeno di massa eccita sociologi, antropologi e ideatori di giochi enigmistici. Giochi del tutto involontari, come quello originato giorni fa dal paginone di Cultura, Spettacoli & Tempo libero del ‘Corriere del Mezzogiorno’. In margine ad un articolo sulle costellazione dei piccoli concorsi campani che ruotano intorno a Miss Italia, sono state pubblicate le due foto qui accanto. Le due ragazze indossano lo stesso costume e si assomigliano in maniera sorprendente. Soltanto la didascalia svela la loro identità anagrafica. Sono foto scattate qualche anno fa, nel frattempo entrambe hanno realizzato una brillante carriera. Una è diventata ministro, l’altra conduttrice di prima serata su Raiuno. La posta in gioco è alta: quale delle due è Mara Carfagna e quale Caterina Balivo? Non tirate a indovinare, ma tirate le vostre conclusioni. A prescindere dalla soluzione.

07 Giu 2009

Shocking elettorale

Pensi al calendario di gesti che stai per ripetere per l’ennesima volta, i gesti che accompagnano la maggiore età del cittadino di uno Stato democratico. Gesti incredibilmente uguali in spazi sempre uguali. Uguale il numero del seggio, uguale l’aula scolastica, uguale la cabina, uguale il rito ostensivo e lo scambio - io do un documento a te e tu dai scheda e matita a me. Cabina 1, Cabina 2, Cabina 3. La conversazione più o meno sempre uguale tra il presidente di seggio e gli scrutatori, costantemente spezzata dall’arrivo del prossimo elettore. Due minuti e ti senti salutare, ti vedi già uscire dalla stanza. Uguale alle altre volte. Rosa Shocking Dietro di te esce anche lei, la giovanissima scrutatrice. Ha un abitino rosa molto intenso e brillante, scollatissimo, in vago stile impero, giusto un palmo sopra il ginocchio, e i sandali bianchi col tacco a spillo. Lunghi capelli biondi sulle spalle nude, occhi ombreggiati con solerzia. Il decolletè è un derby tra Fellini e Botero. In mano, il cellulare: rosa shocking anche lui, come il vestito. Sta sulla porta di questo grigio edificio ad accogliere gli elettori come se stesse sulla soglia di un locale ad aspettare gli amici per la sua festa di compleanno. Il diciottesimo compleanno. La maggiore età, un giorno senza eguali. Nemmeno questo è un giorno uguale agli altri, per lei. Il suo primo giorno da scrutatrice ha il colore dell’emozione, dell’impressione, dello shock. Sul Diario de La Repubblica Edmondo Berselli ha scritto e ragionato sulla nuova, imprendibile figura del Candidato (martedì 2 giugno). Ma in questa Italia con “il culto del corpo prestato alla politica” ci starebbe bene anche un pensiero - e una riflessione - sul culto del corpo prestato al seggio elettorale.

02 Giu 2009

The day after

Susan Boyle

“La signora di Blackburn ha metaforicamente consegnato un po’ di potere a chi non ne aveva per niente: alle brutte, alle antiveline, alle antidive, alle grasse, alle donne vestite male, alle donne illibate, alle donne che non si sono mai lasciate baciare, alle donne che escono di casa per andare in Chiesa ed escono dalla Chiesa per rientrare in casa. Alle donne senza rossetto, senza tacchi e senza nulla, che non sono modelle, attrici, soubrette, manager, dive, mamme. Alle donne come lei” (Fabio Cavalera, Corsera, 31 maggio). Lei è Susan Boyle, concorrente di Britain’s Got Talent, il talent show inglese che l’ha trasformata in caso mondiale. Sessanta milioni di fan e curiosi hanno cliccato su YouTube la sua performance canora. Una voce bellissima, intensa che canta “I dream a dream” dal musical “I miserabili”. Si sono commosse anche la madrina Demi Moore e la giornalista che ha lanciato il servizio del Tg2. Avete visto la forza del riscatto? Avete visto che rivoluzione nello starsystem? Il giorno dopo, altra notizia. Quando ha saputo che era arrivata soltanto seconda Susan Boyle ha dato in escandescenze. Ha cominciato a bestemmiare, a minacciare, a correre in mutande per il corridoio dell’hotel, rendendo necessario l’intervento della polizia e il ricovero in una clinica specializzata per rockstar e calciatori in crisi di nervi. Era la vincitrice morale del talent show ma non l’ha capito, dicono ora i media delusi. Ha perso il suo treno. Loro, i media, sono fatti così: tabù scaccia tabù.

27 Mag 2009

Monologhi della velina

Annunciatrice

Haddad Joumana, poetessa libanese, ospite di Gad Lerner a l’Infedele: “Avete notato nelle telepromozioni che i lettini per il massaggio hanno tutti nomi femminili? Avviene solo in Italia”. Domanda chiama domanda: avete notato su RaiUno il lettino per il messaggio? L’annunciatrice (innominata) ci fa sopra la quotidiana promozione dei programmi della rete. Avviene solo in Italia, e nella tv di Stato.

11 Apr 2009

L’arte della previsione

Chetempochefa

La pinacoteca di Che tempo che fa cresce di domenica in domenica, quando alle venti e trenta arriva Flavio Caroli portandosi appresso una manciata di capolavori dell’arte. Gigantografie in sequenza sullo schermo, inanellate per suggestioni, attualità, costume. Domenica 5 aprile il tema era il Potere. Una carrellata di ritratti nei secoli, da “Paolo III” di Tiziano a “Innocenzo X” dipinto da Velazquez e da Francis Bacon, fino a Giovanni Paolo II abbattuto a terra sotto il peso di un enorme meteorite nella discussa scultura di Maurizio Cattelan. La rappresentazione del potere dalla forma all’informale al concettuale, il potere che diventa urlo, disgregazione, catastrofe. Poteva finire qui, e invece Caroli ha tirato fuori l’asso dalla manica. Sul maxischermo è apparso un altro celebre ritratto, “Federico da Montefeltro” di Piero della Francesca. Il trionfo del potere della cultura? L’apice della catastrofe? Caroli ha spiegato a Fabio Fazio di averlo scelto per lo sfondo. Per quel paesaggio aperto e luminoso alle spalle del duca, acqua, alberi, colline e case sparse con un senso di incredibile lontananza. Eccolo, il paesaggio italiano: “il più bello del mondo fino a sessanta anni fa. Piccole case, piccole cose. La scala. L’armonia”. Caroli fa un appello in favore del bello e saggio costruire. “Mi rifiuto di credere che ci sia autolesionismo”, e si riferisce allo scempio e all’incuria ambientale nel nostro paese. Non è solo un appello alla difesa civile del patrimonio artistico e paesistico, ma un monito a conservare l’amore per la bellezza. “Dobbiamo sentire il peso dei tramandi, dobbiamo ascoltare l’insegnamento dei muratori come il mio amico Isaia”, dice Flavio Caroli alle 21 di domenica scorsa su RaiTre. Il muratore Isaia che racconta l’importanza dell’intonaco, del sapiente equilibrio di calce e cemento. Poche ore dopo la terra trema a L’Aquila e in Abruzzo. Case di burro. Muri sbriciolati. Strade polverizzate. I giornali scrivono: “cemento impastato con sabbia di mare”. Il Presidente Napoletano: “nessuno è senza colpa”. Piccole cose, piccole case. Il muratore Isaia e il peso dei tramandi. Come opprime oggi, la pinacoteca della tv.

04 Apr 2009

Dalla parte delle regine

Bennet

Mister Obamaaa… Sua Maestà allarga e richiude le braccia sui fianchi. “What is it?” Ma perché urla, ma chi è che urla? Suvvia! C’è modo e modo di rompere il protocollo di corte (e il resto). Accade anche nelle occasioni ufficiali che regine e cavalieri facciano scintille, come sa chi ha letto il romanzo di Alan Bennet (La sovrana lettrice, Adelphi), popolato di insidiosi segretari, consiglieri e primi ministri che mettono i bastoni tra le ruote a Sua Maestà. Motivo: la sua nuova, grande passione per i libri. Il richiamo, irresistibile, per la lettura. L’entourage di corte fida nell’apparenza immutabile, ma il finale sarà a sorpresa. Accade così anche nella realtà? Tra griffe e gaffe, si direbbe di sì. Al ricevimento ufficiale di Buckingham Palace, ospiti i diciannove leader della terra, le loro consorti e il nostro cavaliere azzurro, c’è stata un’altra rottura di protocollo. A un certo punto la first lady americana ha cinto con la mano la schiena di Elisabetta II. Fino ad oggi nessuno aveva osato neppure sfiorarla, la schiena sovrana. Eppure la regina d’Inghilterra ha gradito. E proprio come nel romanzo c’è stato il finale a sorpresa. “Non perdiamoci di vista” ha detto affettuosamente la regina a Michelle ricambiando l’abbraccio. E ha soggiunto: conosce Irene Brin? La first lady, poveretta, ha scosso la testa per dire no, non la conosco. E’ una scrittrice italiana - ha proseguito allora Elisabetta II - una scrittrice a cui piacciono gli pseudonimi. A volte si firma Contessa Clara, ma all’anagrafe fa Maria Vittoria Rossi. Anzi faceva, è mancata giusto quarant’anni fa. Cara Michelle, deve leggere assolutamente il suo Dizionario del successo dell’insuccesso e dei luoghi comuni. Non perda le voci Accoglienza, Baldoria, Rompere l’anima, Tinture, Zelo, Zorro. Non finirà di stupirsi. Sa come Irene Brin conclude il suo Dizionario? “Guardatevi dallo snobismo”.

01 Apr 2009

Il grillo monologante

Exit

“Noi siamo il virus!”. Contro la privatizzazione dell’acqua, contro le centrali nucleari, contro i termovalorizzatori, perché la raccolta differenziata si può fare anche al 100% come a Treviso dove il giovane assessore, un ventisettenne con le idee, l’ha realizzata. Ecco, sono le idee che ci vogliono. Idee giovani. Idee in rete. Voi siete vecchi, siete fuori! E noi siamo il viruusss! Grillo entra ed esce dal maxischermo dello studio di Exit facendo impazzire Ilaria D’Amico, che ha avuto il fegato di invitarlo e la presunzione di poterlo gestire in diretta tv. Immaginando un bel confronto tra i politici assisi sulle poltroncine rosse e il comico in collegamento da Bruxelles sul tema all’ordine del giorno, l’Acqua. Apriti cielo. Lui sì che c’è in collegamento, con un bicchiere d’acqua in mano ma la testa e i piedi a calcare un altro palco, un altro spettacolo, per un altro pubblico. Tabacci, Urso, Marrazzo, siete fuori e pure tu Ilaria sei fuori. Monologo esteriore quello di Grillo, mica pensieri intimi che si agitano nel subconscio del personaggio. Venti minuti esasperati ed esasperanti, verità celate che scorrono come un fiume in piena. Palpitazioni in poltrona, per chi sta a casa. Poi Grillo sparisce all’improvviso e Ilaria ha voglia di richiamarlo ai doveri del contradditorio. Niente. Grillo ricompare sul maxischermo, ma solo per il suo spettacolo, per il suo pubblico. Avanti così tutta la serata, con il comico (e l’effetto comico) che entra ed esce ad audio azzerato. Siamo su Exit. Uscita di sicurezza. Con un titolo così, bisognava aspettarselo il pesce d’aprile.

27 Mar 2009

Profezie

Mike

Mike è rimasto fuor di contratto. Mediaset non ha gradito il suo spot con l’amico Fiorello, che debutterà il prossimo 2 aprile su SkyUno, e lo ha congedato. Si parla di fine di un’epoca. “Buttare via Mike perché è il passato? E’ come dire tiriamo giù il Colosseo perché è vecchio”, ha solidarizzato Enrico Mentana. Giusto. E visto che si annuncia per il pluriottuagenario una nuova era satellitare, è il momento giusto per rispolverare la profezia lanciata dal Venerabile Beda nell’VIII secolo proprio a proposito del Colosseo. Parafrasando liberamente: finché Mike esisterà, esisterà la televisione; quando Mike cadrà, cadrà la televisione; quando cadrà la televisione cadrà il mondo. Allegria!

 

20 Mar 2009

Happy black

Camila Raznovich

Poteva mettersi una robetta un po’ più aurorale, Camila Raznovich, un tempo conduttrice di Relazioni pericolose (vai a diario 8 marzo 2006) e ora di Tatami (la domenica su RaiTre, h.23,35) e trovare un altro termine per comunicarci la sua condizione di “donna gravida”. Così si è definita, marcando il significato letterale dell’aggettivo. Grave, pesante. Come una nuvola gravida di tempesta. Come i tempi che corrono. Un tubino nero, introverso, per invitarci a una serata sulla Felicità. Rieccole, le istruzioni per l’uso della Felicità dopo il cinema (Aldo, Giovanni e Giacomo, Muccino, Calopresti), dopo le fiere del libro e gli incontri, i dibattiti, i workshop. Felicità e Paura si tampinano di villaggio in villaggio (“L’Arte della felicità” sul tema della paura si terrà a Napoli dal 28 marzo al 5 aprile). E di talk show in talk show, rieccoci nell’incantesimo del Bhutan, piccolo regno himalayano dove si coltivano riso, orchidee e Fil: l’indice di Felicità Interna Lorda vicario del Pil, che misura la crescita economica ma non ciò che dà valore alla vita. Quanto ci piace l’Oriente. Quanto ci piace rivoltare a nostro uso e consumo parole, oggetti, cibi, modelli alternativi di benessere sociale. Lo scenografo televisivo ha rivoltato finanche lo spazio sacro dove si svolgono gli allenamenti e le gare delle arti marziali trasformandolo in una specie di falegnameria high tech. Aste, mazze, compensati, legno e legnetti sparsi ovunque, con Camila che deve fare doppia attenzione a non impigliarsi da qualche parte. Felicità. La modella con la erre moscia cita Leopardi (“ma lui era un po’ pessimista”). Il giornalista di rete cita la Costituzione americana a proposito della ricerca della felicità. Il filosofo cita Aristotele per sottolineare la primogenitura della ricerca della felicità. Il life coach stimolatore dell’anima ci ricorda che “focalizzarci su ciò che non abbiamo rende infelici”. L’analista finanziario allievo del life coach ci mette al corrente che “la crisi c’è per come la stiamo vivendo”. Lo scrittore racconta come è uscito dal tunnel dell’alcolismo. Sarà per i tempi che corrono, sarà per il tubino nero, ma come sono infelici quelli che parlano di felicità.

16 Mar 2009

Storie potabili

Favino

Uno degli autori della fiction Pane e libertà ha dichiarato in un’intervista che i sindacalisti sono tra le categorie a più basso indice di  gradimento televisivo. E poiché bisogna raggiungere almeno il 30 per cento di share, anche la biografia di Giuseppe Di Vittorio interpretata da Pier Francesco Favino (su RaiUno) doveva “essere resa potabile”. Potabile: che si possa bere senza pregiudizio per la salute. In senso figurato: passabile, accettabile. La vita e, ovviamente, anche la politica e la passione, vanno rese sane e gradevoli al gusto del pubblico grazie al trattamento di depurazione della scrittura televisiva. Quali sono le norme di potabilizzazione della telebiografia?  1. Fedeltà fisionomica; 2. Enfasi della cadenza dialettale; 3. Uso dei sottotitoli per orientare lo spettatore nei passaggi di spazio e tempo; 4. Sequenze storiche girate “come se fossero vere” in b/n ad effetto stropicciato; 5. Contrapposizione sfrenata tra bene/male, buono/cattivo, amico/nemico. 6. cristallizzare la storia in un quadro vivente, attingendo al repertorio dell’immaginario pittorico. Nelle storie di eroi e santi italiani abbiamo visto scene madri dolenti, epiche, simboliche. In Pane e libertà i braccianti di Cerignola avanzano come le donne e gli uomini del “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo; la moglie del sindacalista partorisce tra urla strazianti mentre il marito è sulle barricate; la madre muore mentre il figlio interviene in Parlamento. Non è invenzione, dicono gli autori, è realmente andata così. Loro si sono limitati a far funzionare il dissalatore.

03 Mar 2009

Maria l’Eccellenza

Maria De Filippi

Maria la Regina. Maria la Corazzata Potemkin. Maria la Primadonna. Maria Matrix. Nello studio campeggia bifronte sullo schermo, sognatrice e seduttrice, incoronata dal sacro appellativo: Nostra Signora della Televisione. Mentre l’Unione Europea cancella le differenze di genere e butta nel cestino la signora delle Camelie, madame Bovary e lady Macbeth, lei assurge a Signora del “mezzo” per antonomasia. Alessio Vinci, conduttore dell’era post-Mentana le ha confezionato una puntata su misura, anzi smisurata, come la sua fama, come il suo riconoscimento pubblico. A partire dai risultati del sondaggio nazionale di Nando Pagnoncelli. Scorrono le cifre. Il 97%  delle persone intervistate la riconosce dalla foto. Buca lo schermo il doppio dei politici. La apprezzano due italiani su tre, il settanta per cento sono donne, più le coppie con figli, tre su quattro nei ceti popolari. E’ la preferita per bravura, simpatia, professionalità (è una grande lavoratrice) e per la grande capacità di rappresentare i giovani. Ad omaggiarla, stasera, c’è Barbara Palombelli, che muore dalla voglia di far sapere di essere l’artefice di C’è posta per te, visto che c’era anche lei quella sera a Fregene, a casa Costanzo, a sostenere la bontà di portare la “posta” in televisione. Alfonso Signorini scalpita sullo sgabello per spiegare che finalmente è giunta l’ora del repulisti: via la crosta di sovrastrutture alle quali ci ha abituati lo snobismo di critici e intellettuali, ora “il reality è la realtà!”. L’unica realtà. Ora la giovane ballerina classica scartata alle selezioni della Scala e accolta nella scuderia di Amici può sdegnosamente rifiutare l’invito di Carla Fracci che la vorrebbe con sé. Troppo tardi, cara lei. Meglio Amici della Scala. Perché? Perché “in televisione mi vedono otto milioni di italiani”. L’orgoglio dei vincitori del talent show odora di spocchia, però c’è Maria che aggiusta il tiro: c’era una volta in tv il cantante perfetto, dice. Educato, misurato. Oggi non più. Oggi i ragazzi di Amici si mostrano con i loro difetti, le loro intemperanze, sono ribelli, insofferenti alle regole. E’ il pubblico a decidere se accettarli o no, e il pubblico spesso li ama e li sceglie anche se fanno cose che non si potrebbero fare. Come Marco Carta, enfant terrible che ha vinto il festival di Sanremo: Amici gli ha dato una opportunità, “lo ha fatto vedere”. Poi il mondo discografico lo ha consacrato. E’ questo l’obiettivo della creatura di Maria: una scuola-vetrina alla quale l’industria può attingere. Una catena selezione-formazione-mercato col suo glossario: provini invece di scrutini; palcoscenico invece di aula; sfida finale e trionfo come apice della formazione. Trentamila aspiranti per una ventina di posti. Eppur si sbaglia. Prima del trionfo di Sanremo, Arisa aveva bussato alla porta di Amici e l’aveva trovata chiusa. Scartata, per un errore di programmazione da parte dello staff. Errore?! Ammettere una sconfitta rende ancora più grandi, Signora mia.

26 Feb 2009

L’Angelo di San Remo

Sanremo 2009

Tutti pazzi per Bonolis. Ogni giorno la tv ce lo ricorda, se lo ricorda. “Che cosa dobbiamo imparare dalla sua lezione noi conduttoroni e conduttorini della televisione?” chiedeva ieri Francesca Senette agli ospiti di L’Italia allo specchio (RaiDue). Provate a cominciare da una storia. Non dalle storie di gossip e dal blablabla, una volta tanto, ma dal primo fotogramma della prima serata del Festival di Sanremo. Giusto per farvi un’idea: dalla storia della musica. “C’era una volta…” ha cominciato Bonolis seduto accanto a Beatrice Bonetti di anni sette. C’erano una volta i canti gregoriani, il melodramma, la canzone italiana. C’era una volta e adesso ci sono ancora, le storie della musica. Le vedrai una a una, cara Beatrice, sera dopo sera... Dal “Nessun dorma” di Puccini cantato da Mina a tutto il resto, da martedì a sabato notte. Provate a imparare dal primo fotogramma, giusto per ribadire che Beatrice siamo noi, e che però non siamo vittime di una manipolazione telegenetica, e non di fiori di Sanremo all’occhiello abbiamo bisogno, ma semplicemente di storie e di qualcuno che si sieda vicino a raccontarcele. Poi discutiamo. Se la magia della favola sia consolatoria per un pubblico adulto con la tendenza all’infantilismo progressivo, un pubblico che aspira al ludico quando è alla console del pc e quando fa lo shopping, un pubblico ipersensibile ai gadget, un pubblico che vuole le coccole dal cellulare, che tratta la televisione come il peluche del cuore, che si innamora di Luca Laurenti come di Harry Potter, che segue ipnotizzato le peripatetica “Maria” su e giù per lo studio a raccontare le storie di C’è posta per te. Bonolis dice che siamo così, e offre coccole che hanno “la leggerenza dell’innocenza”, citando Calvino e introducendo il folletto Roberto Benigni, lui sì che di storie se ne intende.

Invece Carlo Freccero ci mette in guardia. Il presidente di Raisat ospite di Otto e mezzo (La7) in contemporanea alla seconda serata del Festival ci mette in guardia proprio dalle storie, dal modello televisivo che gli addetti ai lavori chiamano “storytelling”, dal principio che per vendere ci deve essere comunque e sempre una storia. Tutto diventa racconto e non ragionamento: anche i saggi sono diventati romanzi, dice Freccero, anche le inchieste vengono costruite come storie: “E’ come se fossimo ritornati ai tempi dei Greci, quando si raccontavano solo miti”. Solo miti, da Obama alla Gabanelli. Con questa tv alla deriva, meglio guardare al futuro e provare a cambiare il gusto del telespettatore attraverso il satellite e internet. Uno squarcio di ottimismo, suvvia, e invece dopo Freccero va in onda il diluvio: Quinto potere di Sidney Lumet, la storia dell’ascesa e della caduta di Howard Beale, il commentatore della rete UBS che decide di suicidarsi in diretta. Un film del 1976, una condanna al patibolo per la tv. Mentre l’Angelo della porta accanto resuscita i morti.

18 Feb 2009

Questo libro non mi è nuovo

San Girolamo

Che barba, che noia i libri in televisione. Una volta, ora non più. Oggi i libri in prima serata hanno successo, fanno audience, incrementano le vendite. Presentano un libro dopo l’altro Fabio Fazio a Che tempo che fa e Daria Bignardi a Le invasioni barbariche (a termine corsa solo per l’emigrazione in Rai, dove tra breve esordirà con L’era glaciale:  ma scommettiamo che continuerà a parlare di libri?). Sono programmi gemelli sia per la formula che per la conduzione, con qualche differenza caratteriale: astutamente bonario lui, astutamente punzecchiatrice lei. Ma la somma degli addendi non cambia. Fabio e Daria sono intervistatori puri: il loro unico referente è l’ospite di turno con cui giocare al botta e risposta. Sono entrambi dediti a scrittori, artisti, cantanti, scienziati, politici che hanno appena pubblicato un libro. Siedono fissi al tavolo di fronte all’ospite mentre la regia si muove tra campi e controcampi secondo un copione prefissato. Servono le portate con la medesima scansione dettata dalle pause pubblicitarie. E sono entrambi orfani di un filo d’Arianna, di un percorso, di un orientamento narrativo. Dov’è il senso di scoperta, di avventura nell’ignoto che ogni libro porta con sé? Quel “senso” che la tv conobbe vent’anni fa nella memorabile Serata Manzoni di Beniamino Placido, nella Babele di Corrado Augias e in Pickwick di Baricco e Giovanna Zucconi, quel “senso” che si nutriva di invenzioni, situazioni, oggetti, correlativi oggettivi capaci di esaltare il libro, prima che il suo autore? Allora i conduttori erano circondati fisicamente e sensibilmente dai libri. Ora c’è solo una copertina in primo piano. E ci sono conduttori senza filo conduttore, senza scrittura, sviluppo, scenario: solo le schede preparate dalla redazione. Finite le domande si passa al libro successivo, alternando il leggero al compassato, il cazzeggio allo spinoso. Trionfa il fatto, l’ordine del giorno, l’attualità. A nessuno viene più in mente di parlare di un libro uscito cinque, cinquanta o cinquecento anni prima. Classico? Classico chi?! Però gli ospiti non mancano mai, tutti hanno piacere di andare da Fazio e Bignardi, tutti hanno un libro da presentare da Bignardi e Fazio. Grazie a loro, se non sei già personaggio stai sicuro che lo diventerai. Sepolta l’antica polemica di Benedetto Croce contro la fotografia dell’autore sul retro della copertina del libro, trionfa lo zoom sulla faccia, sul decolletè, sulla piega della caviglia dello scrittore. Il giorno dopo il picco delle vendite è garantito. Ora il venerdì sera su La7 Antonello Piroso ha preso il posto delle Invasioni barbariche con una nuova edizione di Niente di personale. Niente di personale, appunto, però quel tavolo, quel copione, quella formula, quegli scrittori… dove li ho già visti?

11 Feb 2009

Il silenzio di Eluana

“La vita anela, in segreto (ma a volte anche lo grida e non udiamo) a non essere più”.  Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo. Materiali per studio di medicina, 1979.

04 Feb 2009

Una festa è una festa

Festa Italiana

Una festa è un momento speciale, straordinario, fuori dall’abitudine, una ricorrenza, un giorno dedito al riposo, liberato dal lavoro, una vacanza. Su RaiUno è festa tutti i pomeriggi, dal lunedì al venerdì, tra le due e le quattro. E’ Festa italiana, celebrazione nazionale del dopopranzo. Festa di vecchi e piccini, un po’ asilo un po’ centro anziani, molto “primo spettacolo” teatrale affollato di pensionati. Nello spazio striminzito dello studio gli ospiti fanno da attivatori adrenalinici. Si canta, si gioca, si salta, si ride, si battono le mani. Forza, divertiamoci! Quattro salti in padella con Edoardo Vianello e il ballo dei Watussi. La conduttrice in microvestito color carta da maccheroni e stivaloni coordinati anima e rianima la ciurma di ballerini, musicisti, cantanti tra il divanetto fucsia e i fiorelloni della tappezzeria finto primavera. Corpi e gesti sono immersi in un microclima euforico, enfatico, sovraeccitato. Improvvisamente, dal divanetto fucsia arriva l’onda d’urto. Nuda e cruda, “sono stata travolta da uno tsunami” dice la bella signora che ha scritto un libro sul suo cancro al seno. La conduttrice incalza: “Neanche per un minuto hai pensato che la tua vita potesse finire? Come hai tirato fuori la forza che era dentro di te? Ti guardavi allo specchio e non avevi più i tuoi capelli. Sì, proprio come le donne ebree nei campi di concentramento. Hai comprato una parrucca? Qual è il momento che vorresti dimenticare? E’ vero che le donne hanno una marcia in più quando devono affrontare un problema del genere?”. Come fa bene ascoltare i dolori degli altri. E’ un esorcismo contro la malattia e la morte. Finito il racconto si tira un sospiro di sollievo, ci si sente risparmiati, si sta meglio di prima. Siamo circondati da un atteggiamento emotivo che si è fatto comportamento, parola, immagine. Disseminato dove meno te lo aspetti, quando meno te lo aspetti: anche nel pieno di una festa italiana. A proposito, Pina e Carlo ci hanno invitato a Putignano per il loro matrimonio. Andiamo a festeggiare. Vai col servizio.

29 Gen 2009

Hic sunt leones

Sydney Fox

Le ex bambine che leggevano Salgari non perderanno le repliche di Relic Hunter ogni martedì dalle 21 alle 24 su La7, tre serie incastonate l’una dopo l’altra: e dopo una serata in compagnia di Sydney Fox come sembreranno stucchevoli le ragazze di Sex and the City e le Casalinghe disperate! Se avete conservato un po’ dell’antico spirito di avventura, il divertimento è assicurato. Premessa importante: bellezza e sensualità non bastano, senza boxe e arti marziali non si va da nessuna parte. Sydney lo sa. E’ una cacciatrice di reliquie, e nonostante indossi l’intimo di pizzo se lo toglie senza indugio per abnegazione al lavoro. Sydney Fox insegna nella Facoltà di Storia Antica del Trinity College, in un piccolo ufficio che condivide con Nigel, l’assistente eccitabile e Claudia, segretaria svanita. La Terra vista da questo fazzoletto accademico è piccola, si attraversa in quattro e quattr’otto tipo teletrasporto. Dall’Alaska a Milano, dal Brasile al Nepal, non c’è tempo da perdere. Bisogna recuperare la ciotola originale di Buddha che sembra avere il potere di produrre monete all’infinito, la pistola incastonata di diamanti di Al Capone nascosta nello storico Chicago Hotel, il corpo di Suor Evangeline occultato dai pirati più di 400 anni fa in un convento della Nuova Scozia, la bandiera della Confederazione della California creduta distrutta in una battaglia nel 1846, la vecchia chitarra di Elvis Presley che i servizi segreti tedeschi vogliono come scambio di informazioni,  il guanto da baseball appartenuto a Jimmy Jonesboro che fa giocare da dio chi lo indossa, il leggendario libro dell’amore scritto da Casanova, il medaglione per trovare il mitico labirinto di Minosse, un pezzo di giada che sembra appartenere all’antica bara della moglie dell’imperatore della Cina, l’orologio di Zeus in grado di rompere l’incantesimo delle donne vampiro seguaci della leggendaria Lamia. E naturalmente la spada dei cavalieri Templari che ha il potere di rendere invincibile chi la sguaina. Banalotta quest’ultima, a confronto delle mirabilia stravaganti su elencate.

Sydney è sempre pronta in tenuta da spedizione: canottiera aderente con spalline larghe, gilettino ton sur ton,  laccetto di cuoio al collo, braccialetto etnico, borsa a tracolla. Praticamente Indiana Jones con il corpo di Lara Croft. Ancora più bella e indomita, col volto sporco e sudato. Persegue il suo obiettivo in maniera spiccia e diretta schivando le pallottole di avversari senza scrupoli e rispondendo con una gragnola di cazzotti. Poi restituisce la reliquia nelle mani dei legittimi proprietari o la affida alle amorevoli cure di qualche museo. Gli uomini? Cercano inutilmente di fare breccia nel suo cuore. L’irascibile e spigolosa Sydney li spedisce nella braccia di un’altra. Solo quando incontra una vecchia fiamma – francese, naturalmente – dai suoi occhi trapela una scintilla di malinconia. Dura poco. La aspetta un combattimento in stile romano come gladiatrice con un tipo alto due metri per cento chili vestito anche lui da gladiatore. Le lacrime d’amore evaporano troppo in fretta, e non diventeranno mai reliquie

21 Gen 2009

Wonderful!

Obama

Loro, alla Casa Bianca, brindano con spumante italiano: “un prosecco di Valdobbiade” puntualizza Arrigo Cipriani. Noi invece, in collegamento televisivo, pugnaliamo l’abito-spolverino giallo di Michelle: “col tessuto del suo vestito non ci fodererei neanche il divano” ha precisato Maria Laura Rodotà. Innegabile però la straordinaria partecipazione popolare al giuramento di Barak Obama. Straordinaria, è stata la parola più ripetuta. Dal palco di Obama il paesaggio umano doveva essere veramente straordinario. Tanto che la figlia maggiore del presidente, Malia Obama, non ha mai smesso di fotografare, e ha addirittura chiesto a Joe Biden di farne una anche lui, visto che le stava davanti. Una piccola digitale argentata è spuntata sopra le spalle del Presidente degli Stati Uniti d’America proprio nel momento culminante del giuramento. Impossibile non notarla, la piccola macchina fotografica uguale a quella che milioni di turisti di tutto il mondo puntano verso i panorami grandiosi esclamando “wonderful!”. Indicava dove guardare. Sottolineava che l’evento straordinario non stava avvenendo sul palco, ma nella coralità della folla. E l’impulso di scattare la foto deve essere stato davvero irresistibile.

“Noi italiani non abbiamo il senso unitario di nazione” ha commentato durante la serata televisiva Walter Veltroni: “loro sì”. Noi abbiamo il Disturbatore nazionale che si sbraccia alle spalle del cronista davanti a Montecitorio con le dita alzate nel gesto delle corna. Loro hanno il Disturbatore che ignora il protocollo e le televisioni di tutto il mondo che lo stanno inquadrando, e che si porterà in Campidoglio la foto-souvenir della folla, la più bella di tutte.

Ci resta la foto-collage composta dalle migliaia di foto scattate dalle persone presenti all’inaugurazione. Ogni pixel una foto, e tutte insieme l’immagine unitaria del Presidente. Come le migliaia di tasselli di marmo dei maestri Cosmati che ornavano di minuziosi disegni geometrici dai colori variopinti le chiese medievali. I Cosmati erano italiani che avevano il senso unitario, e di loro almeno possiamo andare fieri.

13 Gen 2009

In gita sui “set” colli

La valigia dei sogni

Il sabato sera su La7 si esce. Prima si va al cinema e poi si attraversa la città con La valigia dei sogni. Prima il film e poi la scarpinata con la telecamera sui luoghi calcati quaranta, cinquant’anni prima dalla macchina da presa dei registi del nostro cinema.   Siamo a Roma, nelle ultime puntate, in compagnia del neorealismo e della commedia all’italiana. Il pedinamento lo fa Simone Annicchiarico che - mentre Alberto Crespi batte implacabili note critiche sui tasti della macchina da scrivere - cerca, trova e si trasforma in cicerone scanzonato. Punta l’indice verso la strada, la piazza, il palazzo: guardate anche voi, lì tra le colonne del Pantheon, Umberto D. che prova la vergogna di mendicare con il cagnolino Flick; qui a via del Babbuino 48 i due bambini di Sciuscià coinvolti per la prima volta nei loschi traffici, e là a piazza Campitelli portati via dal cellulare della polizia. Basta una data o un nome per far luce su un fotogramma. “La storia di Roma si divide in tre periodi: imperiale, papale e cinematografico”, scrive Gian Piero Brunetta. Nella Valigia dei sogni la città dei Film si stratifica più dei Fori, ogni scena è un frammento sbreccato che parla più di un tempio intatto. La fontana di Trevi, cristallizzata nella cartolina della Dolce vita, non vale il vicolo cieco di via Leccosa alle spalle dell’Ara Pacis o l’androne fatiscente del palazzo dove si inseguivano Tognazzi e la Melato, protagonisti de Il gatto di Comencini. Ma sono ancora migliaia i fotogrammi girati sui “set” colli e in tutta Italia che aspettano di trovare il loro luogo “reale”. Il segugio Annicchiarico strizza l’occhio e passa la palla: buona caccia, e fateci sapere! (lavaligiadeisogni@la7.it)

06 Gen 2009

Il difficile è scancellare

Marco Paolini

Qual è l’odore-sapore della maniglia di un treno? Prima di dare un nome alle “cose”, Marco Paolini le tocca, le annusa. Ci intinge il naso e le labbra come una madeleine, le sente e le fa sentire. Sembrano così semplici, così evidenti, dopo. Dopo che lui ne ha sprigionato l’intimità. Paolini è l’affabulatore televisivo del Vajont, del Sergente, e dopo frane e trincee di guerra, la sera di Capodanno è stato il narratore de La macchina del capo, su La7. Una lavagna come palcoscenico e la chitarra di Lorenzo Monguzzi. Senza companatico di topolone e carciofoni, perché lo spettacolo è andato in onda in diretta, privo di pause pubblicitarie e intervalli, ma con formaggi, ortaggi e tanti ricordi che parlano attraverso il sapore e l’odore evocati da un bambino di dieci anni, quarant’anni fa. Un bambino prealpino che scopre con stupore di essere solo un puntino sulla carta geografica, ma ha fretta di crescere e di scavalcare confini. Oltre le galline, i conigli, la legna del cortile, verso il mare di pomi nascosti nella soffitta chiusa a chiave, dove è proibito salire perché c’è l’uomo nero. Dieci anni e tutti ti chiedono: cosa vuoi fare da grande? “Voglio parcheggiare autoscontri o guidare treni”. Ma prima bisogna vincere guerre, guerre in classe e guerre sul campetto. Vincere l’inchiostro carogna dall’odore fresco che diventa macchia viva, la gomma leccata e ammorbidita, il buco slabbrato con del grigio che digrada nel nulla del foglio di quaderno. Il difficile, a scuola, è scancellare. Il difficile sul campetto è invece la puzza del pallone che è finito in mano alle femmine. E poi bisogna fare i conti con l’odore-sapore dell’olio di fegato di merluzzo, le punture, le vaccinazioni, i ricostituenti. Il bagno alla turca. La colonia marina e la biancheria con le iniziali, la signorina Susanna e il caffelatte con la pelle. Una valigia dimenticata e la paura di essere guardato che ti fa sentire povero e straniero. Lucine negli occhi per vedere più lontano. Difficile è passare dalla puzza di pianura alla puzza del mare, che si divide tra dove si tocca e dove si annega. Difficile acchiappare il mignolo di Paolo VI e non lasciarlo finché non l’hai baciato, sentire l’odore del Papa e capire che da grande non farai il monsignore. Poi incontri il re delle giostre, Celentano, che si apre la strada tra le macchinette dell’autoscontro con la sua 74 rosa, e disegna traiettorie impossibili sulla pista. E vuoi essere come lui. Invece la vince il cappello da ferroviere e l’odore-sapore delle maniglie dei treni, il più difficile da scancellare quando sulla lavagna-palcoscenico le luci si spengono. E torna la pubblicità.

03 Gen 2009

Sogno di Natale

Sogno di Natale

Come ogni giorno si affaccerà su RaiTre, presenterà la scaletta della giornata televisiva, poi mi verrà incontro puntando il dito sullo schermo. Lo farà anche oggi, la bella signorina, ne sono sicura. Anche se è una vigilia speciale, perché questa notte nasce Gesù. Magari sarà vestita da Babbo Natale col berretto rosso a luci intermittenti, magari avrà le palline e i fili d’argento come l’albero. E invece no. La signorina ha il pancione. Ben in vista, quando si mette di profilo, nell’abito nero fasciante. La signorina è incinta! Forse hanno scelto proprio lei, oggi, come personificazione del presepe. Un colpo di Genio televisivo. Vedremo. La rivedo a Capodanno, e mi sembra ancora un po’ troppo formosetta, ancora in dolce attesa, anche se non si mette più di profilo. Mistero. Forse significa di più, forse è la Metafora dell’Attesa? Se è così aspetterò la Pasqua: voglio proprio vedere che cosa si inventeranno quel giorno, le signorine Tu-mi-turbi.