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Schermo, schermo delle mie trame...

DIC NOV OTT SET AGO LUG GIU MAG APR MAR FEB GEN
30 giu 2006

Quel che le donne non dicono (del calcio)

“Mai udito un tale silenzio attorno a me”, diceva Zarathustra. Un silenzio che atterrisce, un silenzio che irretisce. In tv c’è la partita dei Mondiali. Gioca l’Italia. Sono tornata a casa proprio intorno alle 21, non ho avuto neanche il tempo di accendere ed è arrivato un boato dai palazzi di fronte. L’Italia ha segnato. Forse. Non lo so. Non lo posso sapere, perché la tv è spenta.

Non c’è una luce un suono un segno di vita qui intorno. La porta della Gorgogliati non sbatte più. Willy al terzo piano ha sospeso i guaiti. Le bistecche ai ferri di Pizza Station hanno smesso di appestare l’aria. Un silenzio irreale, senza odore e sapore, come se fosse saltato l’interruttore del tempo. Silenzio e attesa.

Per due volte prendo il telecomando. Per due volte lo rimetto al suo posto. Vedere o non vedere? La partita scalda i cuori, è una fiammata di emozioni personali e collettive ma… guardo il caminetto a cristalli liquidi, spento. E decido di restare nel magico silenzio condominiale, compagno minore dei grandi silenzi dell’esistenza.  

Ci voleva proprio, dopo la solita overdose quotidiana di intercettazioni telefoniche in strada e nei tram. Con una passeggera della linea 8 che chiude l’interminabile conversazione al cellulare con una esortazione: “Viva l’Italia!”.

Quello che le donne

Ci voleva proprio, appena uscita da un’altra Italia, L’Italia sul Due, sul secondo canale della Rai, con la questione del giorno “Quel che le donne non sanno… del calcio”, e l’intervistatore che sbeffeggia l’insipienza femminile usando anche lui un lessico da intercettazioni. “Lei sa cos’è un fallo da dietro?”. E la sventurata rispose…

Meglio i ricordi. Due Campionati del Mondo fa, giugno-luglio 1998,  Raidue imbandì una fiction per le donne che, del calcio, non sanno e non dicono. Titolo significativo: Incantesimo. In nero e rosa, i prati delle ville dell’Olgiata si scontrarono contro i campi di calcio della Francia, tra destini chirurgici e fatalità dei sentimenti. Tre milioni e mezzo di italiane chiuse in cucina durante le partite a divorare i dolori della giovane Barbara Nardi, i tradimenti della perfida Cristina Ansaldi, i maternage di Tilly, i furori di Giovanna Medici. Un rigore clamoroso segnato dalla clinica Life, che dopo otto anni è ancora nella serie A delle fiction televisive. Ma questa è un’altra storia.

Giapponese con il tricolore

E poi i tempi sono cambiati. Stasera sono proprio contenta dell’autogoal che mi mette fuori campo per un’ora. Poi, passate le 22, arriva un nuovo boato. Il vicino e il lontano si mescolano in una nuova alchimia, contatto e interruzione giocano come la terra con la luna. Incantesimo di una notte di mezza estate! Tra poco inizierà il carosello dei clacson sulla Gianicolense. E le bistecche ai ferri torneranno a sfrigolare. Suoni e odori che mi preannunciano un nuovo stato di grazia. Forse mi aspetta un’altra notte magica, con i quarti di finale. E finalmente capisco l'esortazione della passeggera della linea 8. Viva l’Italia!

23 giu 2006

La marcia su Cinecittà

Amici1

Ventottodieci 1922. Nero su bianco, lampante, lo leggo sulla t-shirt del fonico tv. Una coincidenza? Il ventottodieci 1922 Vittorio Emanuele III re d’Italia invitò Benito Mussolini al Quirinale per trattare l’incarico del nuovo governo. Il futuro duce partì subito da Milano in vagone letto, mentre migliaia di camicie nere bivaccavano intorno alla Capitale. E fu la marcia su Roma, l’inizio del ventennio fascista.

Oggi, nell’anno VI di Amici di Maria De Filippi, la t-shirt della marcia su Roma si mescola con le migliaia di magliette che marciano su Cinecittà. Si sono accampate qui, in via Lamaro, dietro l’angolo della Metro A, a pochi passi dai fasti della Roma imperiale di cartapesta, e scaldano i muscoli di fronte agli specchi del centro commerciale di Cinecittà2. Bivaccano all’ombra del filo spinato che sovrasta il muro di cinta, sul quale, tra i soliti graffiti, un dissidente ha scritto: “La vera arte non è qui”.

Amici2

Sono migliaia ed è solo l’inizio dell’assalto: se oltrepasseranno la prima barricata, passeranno al secondo, al terzo, al quarto sbarramento. Da quindicimila a cento, da cento a ventisei: il magico numero dei prescelti che finalmente danzeranno, canteranno, reciteranno davanti alle telecamere di Canale 5. Il sogno è entrare dentro la tv, essere visti da lì, guardare il mondo da lì. Ci sono i diciottenni e ci sono quelli che ci riprovano fino al limite di età. “Quanti anni hai?”, chiede una ragazza alla vicina. Ventidue. “Beata te, io ne ho compiuti ventiquattro. Per me finisce qui”.

Arrivano con i trolley e le borse termiche, con i genitori e i personal trainer, tutti destinati a restare fuori, in attesa per ore e ore davanti ai cavalli di Frisia. Non sono ammessi accompagnatori alle audizioni, non si può fotografare oltre le transenne.

Amici3

Però l’omone nero che sorveglia l’ingresso sembra più un clergyman che un buttafuori, con l’auricolare che gli cinge il pomo d’Adamo: come un buon pastore scherza con i papà, raccoglie le ansie delle mamme, ha una parola di conforto per tutti. Ce n’è bisogno, perché il piccone demolitore è già al lavoro. Il Gran Consiglio di Maria sta passando in rassegna i volontari. Un minuto a testa, in fila per dieci, con il microfono che cammina di mano in mano.

Meglio il cemento infuocato di via Lamaro, dove sangue, sudore e lacrime vengono frullati senza sosta dalle lavatrici alloggiate dentro i Tir. Amici4 Un carico da 5 chili fa 6 euro e cinquanta. Lavaggio e stiratura, 15 euro. Ma dipende dai capi, quelli delicati costano di più. Il bucato è steso in bella vista, sotto l’ombrellone campeggia un’asse da stiro con il ferro a vapore. Gli improvvidi transitano invece sotto il flash per il book fotografico dell’ultimo minuto, le più esigenti si affidano a mani esperte per il ritocco finale del maquillage. Per due euro, una zingara ti legge la mano.

All’ora del rancio dal bagagliaio di un furgone sbucano cestini in stile Hollywood sul Tevere. Qualcuno va a ristorarsi nell’aria condizionata di Cinecittà2. “E da domani mi metto a dieta”, promette la ragazza che ha appena superato la prima selezione.

Amici5

Di fronte all’ingresso, c’è un bimbo nel passeggino, tra la madre e la sorella accoccolate sul marciapiede. A guardar meglio, la presunta sorella potrebbe essere la mamma del piccolo, e a sua volta la presunta mamma potrebbe essere una giovane nonna. Tre generazioni con gli occhi puntati sugli orizzonti di gloria. Ma il bimbo si è appisolato tranquillo, serafico. Sembra appagato. Come se la dolce Maria gli avesse sussurrato in sogno: ora dormi, e un giorno tutto questo sarà tuo.

8 giu 2006

Schermi condominiali

bacheca

Gentile Alessandro Baricco,

su “La Repubblica” del 12 maggio 2006 Lei proponeva di copiare e mettere da parte una certa citazione di cui Le dirò. Bene, volevo comunicarLe che oggi pomeriggio quella citazione ha cominciato a camminare. Non è andata molto lontano, per ora ha sceso le scale del mio condominio ed è finita in bacheca.

Le premetto che in queste ultime settimane ho ritagliato le puntate del Suo “I barbari” per leggerle tutte insieme con calma, visto che è un viaggio per viandanti pazienti. E che i racconti d’appendice sono  belli perché ognuno ne fa cosa vuole.

Così stamattina ho iniziato a leggere la prima puntata, giusto quella del 12 maggio. Ero a buon punto, quando è arrivata un’infilata di citofonate di condomini del palazzo in cui abito, a proposito dell’ennesimo litigio sull’uso indebito delle parti comuni. La novità era una bicicletta trovata legata con catena e lucchetto alle sedie dell’ex rifugio antiaereo dove ci riuniamo per fare le assemblee condominiali. A parte la maleducazione dell’inquilino, nasceva il problema che d’ora in poi, per sederci in assemblea, avremmo dovuto trascinarci appresso anche la bicicletta. Come può immaginare, si è scatenato un tiro incrociato di biglietti e avvisi infilzati nella bacheca dell’androne. In uno di questi biglietti il condomino ciclista ribadiva le sue ragioni e concludeva: “Che l’amministratore si svegli!”. Due ore dopo, l’amministratore attraversava la città (Roma) per cambiare serratura al rifugio antiaereo, minacciando: “E adesso me lo deve chiedere in ginocchio, di ridargli la bicicletta!”. Che al momento giace chiusa a chiave nel rifugio.

Al quarto piano, intanto, io giungevo alla fine della prima puntata del Suo racconto, e leggevo la citazione di cui sopra. Eccola.

bacheca

 

“Il timore di essere sopraffatti e distrutti da orde barbariche è vecchio come la storia della civiltà. Immagini di desertificazione, di giardini saccheggiati da nomadi e di palazzi in sfacelo nei quali pascolano le greggi sono ricorrenti nella letteratura della decadenza dall’antichità fino ai giorni nostri” (Wolfgang Schivelbush, La cultura dei vinti).

 

Non credo alla casualità. A mano, ho copiato la citazione su un cartoncino, ho firmato “cartolina dell’interno 14”, e l’ho fissato nella bacheca, dove stranamente tutti gli altri biglietti erano scomparsi. Nel palazzo non c’è l’ascensore, e quattro piani di scale a piedi sono tanti, così visto che ero giù sono andata a comprare pane e latte per domani mattina. Dieci minuti, e al mio ritorno il biglietto in bacheca non c’era più. Era nella mia cassetta della posta, strappato in due. L’ho preso e l’ho ricomposto nella teca di legno. Sono rimasta qualche minuto a osservare quella ferita slabbrata, quella fessura a piombo tra le orde barbariche e i palazzi in sfacelo: adesso sì che parlava, la cultura dei vinti. Altro che il Toro, di cui peraltro, sono tifosa come Lei!

Sono risalita in casa e ho cercato di lavorare. Dopo mezz’ora il citofono ha suonato ancora. Era una condomina. Una condomina poco tollerata nel palazzo, litigiosa, imprevedibile. Mi ha detto: “Ho visto il tuo biglietto, qualcuno lo ha strappato: mi dispiace”. Grazie, le ho risposto, quella frase mi è venuta a cercare. E lei, sempre al citofono: “Sai che mi domando? Tutti questi spazi chiusi del condominio, tutti vuoti, ma dove ci portano? Dove ci porta questo vuoto? Cosa c’è oltre il vuoto?”. Bella domanda, ti prego: scrivila e mettila in bacheca. Ma lei aveva voglia di continuare a parlare appesa al filo del citofono, in strada, tra i rumori dei clacson e del tram. Noi donne coi fili ci parliamo, ci aiutano a portare avanti le nostre storie. Ci aiutano a colmare vuoti, a stare in bilico sul vuoto. Fili di Arianna, fili di Penelope, fili dello stenditoio sulla terrazza condominiale. E le parole di Wolfgang Schivelbush erano un lenzuolo appeso sul filo del nostro terrazzo comune, da ripiegare insieme sotto il cielo di Roma.

Adesso è tardi, ma Le prometto che domani mi dedicherò alla lettura della seconda puntata.

Grazie per la citazione, con i migliori saluti.

Luisella Bolla

29 mag 2006

Letti gemelli

Togliatti

Roma, 14 luglio 1948. Uscita di Montecitorio. Il segretario del Pci Palmiro Togliatti è raggiunto da quattro colpi di pistola sparatigli dallo studente Antonio Pallante. Trasportato in autoambulanza al Policlinico, viene operato d’urgenza. L’Italia è sull’orlo della guerra civile, tra gravi incidenti e sciopero generale. Dopo l’intervento chirurgico, le prime parole di Togliatti sono per il Giro di Francia e per Bartali che si sta battendo per la vittoria. Il Migliore guarisce rapidamente e Bartali vince. La rivoluzione è scongiurata.

Veltroni

Roma, 24 maggio 2006. Ingresso del Policlinico Gemelli. Il sindaco diessino Walter Veltroni è ricoverato d’urgenza per una colica renale. Ha la febbre altissima: tutti gli impegni per la campagna elettorale sono annullati. Dal suo letto all’ospedale, Veltroni appare in un videomessaggio sul maxischermo allestito nelle cinque piazze dove si sta chiudendo la campagna del centro-sinistra: “Romani, grazie dell’affetto”. Sul palco Roberto Benigni replica: eh già, uno prima delle elezioni dice “mi sento male” e la gente ti vota: sono vecchi trucchi che io e Walter abbiamo usato tante volte.

Già, vecchi trucchi da antichi romani: et in hoc signo vinces. Forza, Sindaco!

24 mag 2006

Tempi che corrono

Il tempo divora ogni cosa, diceva Ovidio. Il tempo è un vorace cormorano, diceva Shakespeare. Il tempo non sempre può essere galantuomo, dice la Rai. Tempo di elezioni, tempo di par condicio, che congela non solo la saga di Incantesimo (vedi diario 1 aprile), ma anche la memoria condivisa della nazione. Ieri, quattordicesimo anniversario della strage di Capaci, RaiUno non trasmette la fiction su Giovanni Falcone perché il co-protagonista Paolo Borsellino è fratello di Rita, e Rita domenica prossima è candidata alle elezioni regionali in Sicilia.

Piuttosto che violare una presunta par condicio, meglio una bella violazione di domicilio, e RaiUno, al posto della nuova fiction sulla mafia, manda in onda una replica di Montalbano: sempre Sicilia è, sempre nel Paese della Fiction siamo.

Attacco allo stato

Siamo in un Paese dove le raffiche del presente spazzano via il tempo della Storia, visto che basta girare canale, e andare su Canale 5, per imbattersi in un’altra coppia di “servitori dello stato” freschi di cronaca ma già pronti per entrare nel medagliere della fiction: Massimo D’Antona e Marco Biagi, assassinati da una nidiata di brigatisti rossi ancora sotto processo, e ad indagini ancora aperte. Dietro Attacco allo stato (regia di Michele Soavi), e dietro ai predatori che agganciano le loro vittime come icone sullo schermo di un videogioco, c’è ancora Pietro Valsecchi, il produttore della TaoDue che ha prontamente riaperto la girandola di trasferimenti del Paese della Fiction. Tre settimane fa ha distaccato Raoul Bova con i Ros a Nassiriya (vedi diario 2 maggio). Ora lo mette a dirigere la Digos di Roma.

Attacco allo stato - Bova

Lui, il paziente e umano capitano Diego Marra, insegue i terroristi in un tiro incrociato di pedinamenti e contropedinamenti, da uno schermo all’altro, tra display di cellulari che diramano le istruzioni, monitor di computer che aggiornano il sanguinario diario di bordo di Lidia-Nadia Lioce, televisori che trasmettono compulsivamente la cronaca degli assassinii.

E’ una caccia estenuante, con l’acqua alla gola dentro la fiction ma anche fuori: perché la contemporaneità è una fonte inesauribile di storie a cui dare la caccia. Bisogna tallonarle, incalzarle e bruciare le tappe. Far saltare in aria il tempo, usando una sequenza stretta simbolicamente tra il “prima” e il “dopo”. Usando la lingua comune dei media che indica morte, angoscia, incubo.

Torri gemelle

“Non è ancora finita”, dice il capitano della Digos mentre stringe il cerchio intorno ai terroristi. Stacco. Ed ecco l’asso che sventola nella manica del tempo, la sequenza in diretta delle Twin Towers che si polverizzano. Un jolly buono anche per le nostre torri gemelle nazionali: D’Antona-Biagi, come già Falcone-Borsellino.

“Obiettivo da raggiungere: l’annientamento certo del soggetto”.

“Hanno fatto una dichiarazione di guerra. La guerra la vogliono, la sognano, la desiderano. Avanti, mettiamoci al lavoro”.

E la fiction continua, chi ha tempo non aspetti tempo.

18 mag 2006

Cornette in corner

Ballarò

Con una media di 416 conversazioni al giorno distribuite su sei cellulari, Luciano Moggi sta mettendo a dura prova la squadra di dieci carabinieri che ascolta e trascrive le sue centomila telefonate, intercettate nel giro di otto mesi, tra il novembre 2004 e il giugno 2005. Voci formicolanti, lessico sfranto, pause indecifrabili. E’ pressappoco come inseguire e afferrare un branco di aringhe.

Fino ad oggi era stata la fiction a chiedere aiuto e consulenza alle forze dell’ordine, per dare veridicità alle proprie storie. Adesso sono i militari del Reparto operativo del comando provinciale di Roma a chiedere in prestito alla fiction le strategie narrative, per gestire la lunga serialità dell’inchiesta e  ottimizzare l’organizzazione del lavoro di indagine.

“Facciamo un plot”, hanno risposto gli story editor del Paese della Fiction. E lavoriamo sul formato delle serie all’italiana. Un numero definito di puntate, con segmenti narrativi aperti nel tempo. Linee verticali, con storie che si sviluppano e si concludono nell’arco di una puntata, e linee orizzontali, con una varietà di trame e di personaggi che si distende lungo tutta la serie. Sul piano della scrittura, l’azione sarà dominata dal dialogo: usate il gergo quotidiano, i dialetti, le cadenze. Per quanto riguarda il linguaggio visivo: privilegiate primo piano, campo-controcampo, montaggio alternato.

Ma come, rispondono gli investigatori del calcio-scandalo, tutto questo lo vediamo ogni sera, su Sky, a Matrix, a Ballarò! Schermo diviso in due. Primo piano di Moggi al cellulare, doppiato con accento romano, e dissolvenza sull’altro interlocutore. Stacco. Primo piano di Pagnozzi, Agricola, Mazzini, ecc. doppiati da altri attori e dissolvenza su Moggi. E’ già stato scritto, è già stato girato!

Gli story editor non si scompongono. Nel loro gergo la “telefonata” è sinonimo di pigrizia creativa. Quando non si sa o non si vuole sviluppare visivamente e narrativamente l’intreccio di una situazione, si ricorre alla conversazione incrociata di due personaggi che, invece di agire, spiegano a parole l’azione. Si dicono tutto al telefono, per l’appunto. Invece no, per realizzare un buon plot bisogna lavorare in altre direzioni. Per esempio, sostituire il Moviolone con la moviola narrativa e attraversare il tempo, risalire gli eventi, creare interscambi tra un personaggio e l’altro. Pensare alla grande, insomma: a Tolstoj.

Gli investigatori scuotono la testa. E pensano alle cornette della signora Cecioni, a Domenico Modugno, a Claudia Mori. Alle trepide, lacrimose, ironiche telefonate del varietà del sabato sera. In prima serata. A loro, dialoghisti per caso, tocca invece la terza serata. L’ha detto pure Giovanni Floris a Ballarò: “Mi scuso con i telespettatori ma non abbiamo fatto a tempo a togliere il turpiloquio. Comunque siamo in fascia protetta”.

10 mag 2006

Lo schermo dei ricordi

Senza Fine

Marisa si guarda. Si guarda a sedici anni nello specchio appeso alla finestra sulla campagna romagnola. Si guarda nello stesso specchio, alla stessa finestra che dà sulla stessa campagna: quarant’anni dopo. Le due immagini combaciano, come due gocce d’acqua, nello specchio della televisione. Era una ragazza bellissima che viveva nel piccolo paese di Poggio Berni. Le avevano proposto di fare il cinema, ma lei preferì restare cameriera. Non si è mai mossa, e oggi guarda il mondo dalla finestra di allora. Compie lo stesso gesto per la telecamera, truccando gli occhi con l’eye-liner che mette a fuoco lo sguardo già intenso nella grana intatta della pelle di adolescente, ancor di più nelle increspature del viso di donna matura. Una linea del tempo, quel filo di matita nera. Un segno-ricordo che congiunge la storia di ieri con quella di oggi.

La televisione snidò Marisa nel 1967 per la rubrica Giovani (di Giampaolo Cresci e Andrea Barbato). La televisione torna a snidarla per il programma Senza fine (di Gualtiero Peirce e Francesca Fini, RaiTre, giovedì h. 23,40). Si è messa sulle tracce di Marisa e di tanti altri abitanti del magazzino dei programmi Rai: una famiglia di immagini ordinate per bobine e cassette, ma destinate prima o poi - come i giocattoli del film Toys - a saltare fuori e tornare nel mondo degli affetti e dei sentimenti.

Ecco che fine hanno fatto le storie di ieri. La televisione, come la lampada di Aladino, ha il suo “genio”: ed è un genio del tempo, che aleggia su di noi mentre ci stiamo occupando d’altro. Un genio capace di mettere insieme il passato e il reale. Finalmente insieme.

Sa fare anche questo, la tv. Anima i trompe-l’oeil della pittura, disponendo sapientemente le luci e le ombre del tempo in modo da regalarci l’illusione prospettica del passato. Magari si ammanta di sociologia e di antropologia, dice di indagare il senso dei cambiamenti sociali, l’universo dei valori condivisi. Ma poi è all’andamento emotivo dello sguardo che attinge, al paesaggio dei volti, alle espressioni di dolcezza, angoscia, bontà, tristezza, paura.

E così, come accade nella realtà, anche nel mondo parallelo della televisione i ricordi diventano uno schermo fantasmagorico attraverso cui esplorare frammenti sconnessi di esistenza. Uno schermo che ci invita ad usare liberamente il tempo, a interrogarlo, a perdersi e ritrovarsi in un dettaglio, a giocare al taglia e cuci con ragione e sentimento. Tutto è possibile nella corrente invitante e tendenziosa della vita televisiva, tranne avere l’ultima parola, tranne mettere la parola “fine”. Senza fine, appunto.

2 mag 2006

Ultime notizie dal Paese della Fiction e dintorni

Tirabassi

 

L’ispettore capo Roberto Ardenzi/Giorgio Tirabassi del X Tuscolano/Distretto di polizia sarà presto trasferito a Corleone per dare la caccia al commissario Cattani/Michele Placido che, abbandonata la polizia, è passato dalla parte della mafia a interpretare Bernardo Provenzano.

Bova

 

 

Il capitano Ultimo/Raoul Bova, dopo aver messo fine alla latitanza di Totò Riina, è già stato distaccato dai Ros a Nassiriya, e lì con ogni probabilità sarà raggiunto dal medico in famiglia Lele Martini/Giulio Scarpati, già arruolato in passato nell’Arma con nome in codice Lupo per fermare l’ultima pallottola del serial killer Donato Bilancia.

Nel frattempo, la Montalbano in gonnella/commissario Letizia Mandaglio, da Porto Empedocle (ribattezzata ufficialmente Vigàta) è passata alle volanti del commissariato Sant’Andrea/Scampìa di Napoli. Sul cambiamento di sede, nessuna dichiarazione da parte della Squadra di Cafasso e Guerra, mentre Andrea Camilleri sulla rivista MicroMega ha commentato: “Io mi terrorizzo, da cittadino, al pensiero che a Napoli, a Scampìa, c’è una commissaria amica, una commissaria che amo”.

Una girandola di trasferimenti, qualche avanzamento di carriera, qualche ingrata retrocessione. Ma il punto è: adesso che i soliti noti si sono sparpagliati, chi chiameranno ad indagare su Echelon/Valsecchi e sulle sue intercettazioni?

Valsecchi

Qualche indizio: il 29 marzo scorso il produttore televisivo Pietro Valsecchi (Taodue) annunciava alla stampa che nel mese di maggio avrebbe dato il via alle riprese della fiction “Nassiriya”: l’annuncio risale a 30 giorni prima del secondo tragico attentato al nostro contingente in Iraq. Il 18 aprile scorso, nuovo comunicato di Valsecchi alla stampa a proposito del primo ciak (a settembre) della fiction “Squadra antimafia. Sulle tracce di Provenzano”: la notizia viene resa pubblica appena sette giorni dopo la cattura del boss. Valsecchi è già indagato per eccesso di realismo quotidiano in merito alle seguenti serie televisive: Distretto di polizia, La Uno bianca, Il sequestro Soffiantini, Ultimo, RIS. Delitti imperfetti, Borsellino.

Per investigare sul sistema di spionaggio internazionale Echelon/Valsecchi si è offerta Alice/Anna La Rosa, che - ci informa Antonio Di Pollina su “La Repubblica” - ha girato nei giorni scorsi una puntata di CSI nel casolare di Provenzano.

Intanto, non lontano di lì, sulle terre confiscate ai boss, il satellite ha individuato la cooperativa intitolata a Placido Rizzotto (il sindacalista siciliano ucciso dalla mafia) che sta producendo un nero d’Avola dedicato ad un’altra vittima delle cosche, il giornalista Peppino Impastato: il vino si chiamerà Centopassi, come il film di Marco Tullio Giordana.

27 apr 2006

Senza via di (s)campo

Chi non ce l’ha, scagli la prima pietra. Chi ce l’ha, per favore, non lo scagli in faccia alla domestica, come fanno le star hollywoodiane. Raccomandazione inutile: tanto il telefonino è un corpo contundente che prima o poi ci prende tutti di mira. Abbiamo contratto l’abitudine di piangere e ridere, prendere e lasciare, amare e odiare per mezzo del telefonino. Lui, acceso come una miccia sul tempo quotidiano e sugli eventi straordinari, dà fuoco a parole e a immagini. Lui rimodella le nostre azioni, smista le reazioni, rilancia le emozioni.

Cellulare

Sotto il cuscino dei bambini, accanto al peluche. Nel carrello del supermarket: compro il grana o il parmigiano? Sul banco dello studente come correttore ortografico (il famigerato T9). Sul lobo destro del professionista, dove lampeggia come un semaforo vezzoso. In pugno al cicerone come segno del comando, per guidare i turisti in visita alla Capitale. In autobus, per mettere a fuoco la ragazza che piace (beccandosi una condanna penale dalla Cassazione, a Trento). In cabina elettorale, per fotografare il voto sulla scheda, mostrarlo a chi di dovere e ricavarne un piccolo compenso (a Napoli, durante le ultime Politiche). All’aeroporto, per lanciare l’ultimo mms alla moglie: “Se non mi senti entro un’ora e mezza, guarda la tv… ti ho sempre amato!”.

C’è poco da scherzare. Abbiamo imparato ad estrarlo rapidamente, il cellulare, come la colt di Mezzogiorno di fuoco. A Sassuolo, è un nordafricano a riprendere la violenza di due militari su un suo concittadino, prima dell’arresto. A Como, qualche giorno dopo, la scena si rovescia: è una moglie incitata dal marito a usare il videofonino per filmarlo mentre lui aggredisce tre carabinieri. A Napoli, in pieno centro, è un residente a catturare la scena di una volante della Polizia accerchiata e cacciata via da un centinaio di ragazzini in moto. Immagini confuse, allucinate, rilanciate mille volte dai tg e da Striscia la notizia.

Un salto con l’asta oltre i confini visivi, il cellulare. Quei confini che l’etica e la pietas ci suggerirebbero di non varcare. Qualche settimana fa, ad Asti, un gruppetto di ragazzi fotografa, sempre con il videofonino, l’agonia di una donna caduta dal quinto piano, infilzata sulle punte del cancello condominiale. Anche la vicina di casa filma il corpo straziato e poi consegna le immagini alla magistratura: difende, e ostenta, il suo bottino come documento utile alle indagini.

Il telefonino è il prodigio dell’hic et nunc ma anche il mistero dell’aldilà, se è vero quanto riporta Gianni Mura a proposito degli irlandesi che si fanno inumare con il loro cellulare acceso. Per portarselo, six feet under, come compagnia, come scorta, come rosario di affetti memorizzati in ordine alfabetico. O come corsia preferenziale per connettersi a Dio.

Ma Gianni Mura conclude con un dubbio: ci sarà campo al camposanto? Non è un problema. Giacché nessun vuole morire sul campo, Joe Joachim, presidente di un’azienda americana di pompe funebri, ha trovato il modo di mantenere vivo il contatto. Ed ecco la video-tomba a energia solare: sulla lapide è installato un monitor che permette di ascoltare la voce del defunto mentre le immagini della sua vita scorrono sullo schermo, accompagnate in sottofondo da una colonna sonora.

Non ci resta che attrezzarci linguisticamente. E’ facile: basta ritoccare il laconico “chi non muore si rivede”, con un più frizzante “guarda chi si rivede!”. E piantarci sotto i cipressi, comodi comodi, alla moviola della televita.

18 apr 2006

Di tutto di più

Finita Pasquetta, terminate le grandi pulizie di primavera, chiuso il cambio stagionale del guardaroba, è arrivato il momento di pensare ai regali per il prossimo Natale. Non è mai troppo presto, e le buone idee non sono certo quelle dell’ultimo minuto. Io un’idea me la sono già fatta. Vorrei regalare ai miei cari il piacere di rivivere un’emozione già provata davanti al televisore e di indossare (fisicamente indossare!) un oggetto che ricordi loro un programma particolarmente gradito.

L’idea me l’ha suggerita www.rai.it che ospita, in una nicchia del suo sito web, l’emporio “Made in Rai”: un’offerta ricca e varia di prodotti realizzati in casa e, quindi, originali e di alta qualità. Le modalità di acquisto sono comode e rapide. I prezzi assolutamente competitivi, introvabili altrove. Gli oggetti, non reperibili in commercio, possono essere acquistati solo su catalogo. Un catalogo vivo, che si rinnova e si arricchisce continuamente, sulla base dei gusti e delle preferenze del pubblico.

Su “Made in Rai” ho trovato sia i regali che i bigliettini di accompagnamento. E’ bastata qualche aggiustatina ad personam ed eccoli qui belli pronti.

orologio rai

Caro zio Franco, con le trasmissioni Rai il tempo passa più piacevolmente. Per sapere quando cominciano i tuoi programmi preferiti, sincronìzzati con questo elegante orologio unisex firmato dalla farfallina Rai. Oltre a seguire il tempo, seguirai anche la moda nella maniera più brillante.

Cara zia Anna, la Rai si prende sempre cura dei propri telespettatori, figuriamoci quando piove! Il grande ombrello a spicchi con la farfallina Rai ti accompagnerà nelle giornate di cattivo tempo. Pratico, moderno, automatico, e funziona anche senza telecomando!

Caro Filippo, so che sei amante dei fine settimana all’insegna delle esperienze estreme. Allora ti ci vuole uno zaino estremamente utile e, perché no, anche alla moda. Lo zaino dell’Isola dei Famosi offre tante soluzioni intelligenti affinché tu possa sopravvivere sempre con eleganza.

gilet

Cara Augusta, forse non andrai su un’isola deserta, ma per le tue piccole avventure outdoor, il gilet dell’Isola dei Famosi potrà esserti davvero utile. Molto pratico ma anche molto bello: chissà, ci potrebbe essere una telecamera pronta a riprendere anche te!

Caro Lorenzo, l’immagine della Rai ti segue ovunque tu vada, e questo giaccone impermeabile a marchio Rai ti garantirà sempre il massimo del comfort e dell’eleganza. Un modello pratico e pieno di soluzioni intelligenti, proprio com’è la televisione che ci viene proposta ogni giorno.

penna rai

Caro nonno, per te l’elegante penna a sfera con radio FM incorporata e personalizzata con il marchio Rai, affinché tu possa ascoltare ovunque e in alta fedeltà i programmi radiofonici che preferisci. Cara nonna, ecco il morbido asciugamano con il marchio ricamato di “Ballando con le Stelle”, una simpatica idea per essere sempre accompagnata dalle star della trasmissione più irresistibile del sabato sera.

batteria pentole

Cara mamma, un amore di pentole in 19 pezzi firmata “La prova del cuoco”. Caro papà una confortante poltrona gonfiabile con 6 motori massaggianti. Caro suocero, per te il set  “Linea verde” con bottiglia termica e due bicchieri. Cara suocera, te tocca la scopa ruotante a batteria, che unisce la tecnologia di 4 potenti spazzole rotanti ad un movimento circolare a 360 gradi.

collana

Ho scovato persino il regalo che piacerebbe a me. Ben sapendo quanto l’immagine Rai possa dare valore al mio look, non me ne separerei mai. E’ una collana con la farfalla Rai, in acciaio e oro. Ce n’è una grande, importante, adatta a chi vuole non solo guardare, ma anche farsi notare. E una con la farfallina più piccola e discreta, che sa comunque illuminare il mio primo piano.

Vorrei tanto questa seconda versione, spero solo che il provvido donatore si spicci prima che vadano esaurite le scorte.

11 apr 2006

Distanza di sicurezza

“Sai, c’è un bambino che sta in un posto molto lontano.
Là non ci sono città e le case son tutte di un piano.
Se lo incontrerò gli parlerò col cuore: amore amore”.

TG2

Sabato sera. Raffaella Carrà canta la sigla di Amore (RaiUno). Distesa su un fianco, come Paolina Borghese, facendo materasso ad una cucciolata di bellissimi bambini di tutti i colori del mondo. Amore. Un mondo di amore. E il cuore della nazione non si fa pregare: decine di migliaia di adozioni a distanza. Gli italiani telefonano in tv per adottare: uno, due, tre bambini. Cinquantamila bambini in una serata. Ne adottano una mezza dozzina anche i poliziotti accorsi negli studi con Beppe Fiorello in odore di Salvo D’Acquisto. Adottano un maschietto e una femminuccia anche le nonnine ex annunciatrici della paleotelevisione, Nicoletta Orsomando in testa.

Tommy intanto ha adottato noi. Adozione a distanza, anche questa. Ma forzata. Il ‘piccolo angelo che da lassù ci guarda’ ha mandato un messaggio mentre si svolgevano i suoi funerali in diretta tv nel Duomo di Parma. Si è rivolto al mondo raccomandando: vogliatevi bene.

La letterina ‘in prima persona’ di Tommy è solo una parte, una piccolissima parte di un racconto che da un mese entra ed esce dallo schermo, avvolgendo grandi e piccini, famiglie, scuole, uffici, mercati, carceri (“i bambini non si uccidono” hanno mandato a dire i detenuti che rispettano il codice d’onore). Un racconto in cui immagini e realtà sono un’unica cosa. Un racconto in cui la cronaca si intreccia alle filastrocche e alla fiaba, l’assassino ha le sembianze dell’Uomo Nero e dell’Orco cattivo, la morte è un cielo azzurro e palloncini in libertà.

Intorno a Tommy è cresciuto un altro pezzetto di immaginario a tinte forti e morbido peluche, crudo e sentimentale ad un tempo, un immaginario in cui la parola ‘cuore’ fa rima con ‘amore’ ma anche con ‘dolore’. Non sempre è facile tenerle insieme, non è facile tenerle a bada.

Sabato sera l’amore della Carrà ha urtato il dolore di Tommy come una boccia di bowling contro un birillo. Scatenando, o  riaprendo, tante domande sui sentimenti televisivizzati: sulla pietà che si trasforma in indignazione o diventa rabbia; sulla tristezza che straborda nelle lacrime o si rifugia nella tenerezza. Dove portano le relazioni umane sentite televisivamente? E le emozioni del video, quelle che sembrano bucare la pelle, come e quando attraversano le strade della nostra quotidianità?

Tele-visione è ‘visione a distanza’: letteralmente, etimologicamente. A distanza: come l’adozione?

6 apr 2006

Energia!

Stanotte - ore 24 circa - ho avuto uno spiazzamento cronotopico. Credevo di essere in un luogo e invece ero da un’altra parte. Credevo di essere in un tempo, e invece ero nel giorno prima.

Poi ho sentito la voce del comandante Kirk. Ha detto: “Energia!”. Ed eccomi: da Matrix a Ballarò. Smaterializzata dallo studio di Enrico Mentana e rimaterializzata a casa di Giovanni Floris. Da Canale5 a RaiTre.

Se ho ben capito, nel backstage sbatacchiato che ha preceduto la mia s-materializzazione è successo che il confronto politico Fassino-Rutelli-Fini-Casini in programma a Matrix è saltato per un ennesimo sgambetto alla par-condicio. Così, invece di presentarsi negli studi di Canale 5, Fassino e Rutelli hanno indetto una conferenza chiarificatrice all’Hotel Nazionale, mentre Fini e Casini salivano sulle auto dal muso aggressivo abbandonando lo studio tv prima dell’inizio della registrazione. “Ah, l’incomunicabilità politica!” ha sospirato Mentana.

Ballarò

Il caso (la felicità del caso?) ha voluto che la cena con gli stessi quattro ospiti fosse ancora nella cucina televisiva di Ballarò, che l’aveva servita in tavola la sera prima. Ballarò ha generosamente prestato piatti e vivande riscaldate al ristorante di fronte (Matrix). Risultato: un’ora e mezza di Ballarò messo in onda da Matrix. Tutta la puntata di RaiTre trasmessa senza soluzione di continuità su Canale5. A parte i break pubblicitari, abilmente sostituiti e reintegrati con gli spot della concorrenza. A parte i marchi taroccati che impiastricciano lo schermo di Canale5: in alto a destra RaiTre, in basso a destra Canale5, in alto a sinistra Matrix sulla scritta Ballarò, in basso a sinistra il quadrante dell’orologio a segnalare ogni tanto l’ora della diretta del giorno prima su RaiTre.

Altro che televisione autoreferenziale, che parla sempre più di se stessa! Altro che Blob, il peggio della tv sminuzzato come carne in scatola!

Stanotte, forse per la prima volta nella storia della televisione, è stato realizzato il teletrasporto: proprio come in Star Trek. Il meglio di una rete (pubblica) è stato trasferito sulla rete concorrente (privata). Non sappiamo ancora se grazie alla televisione svolteremo nelle prossime elezioni, ma certo grazie alle prossime elezioni abbiamo svoltato nella fiction.

PS. Durante il teletrasporto, Lory Del Santo, ospite di Chiambretti su La7, ci riporta sulla Terra.  “Fate attenzione ai faccia a faccia”, dice, ammonendo i belli della politica. Attenzione Casini e Rutelli: quando vi incipriano prima di entrare in scena, toglietevi la camicia e non trascurate il collo, sempre così bianco rispetto al viso tinteggiato di fard. Non dimenticatevi, avverte Lory: “il trucco fa la differenza”.

1 apr 2006

Affinità elettive

Black-out nel Paese della Fiction. Il vento pre-elettorale si è infilato nelle strade, nelle piazze, nelle case del Paese, spargendo una nube di polverina magica. Che ha immobilizzato gli ignari abitanti lasciandoli sospesi là dove si trovano, bloccati come statue di sale.

La contrada in rosa e nero di Incantesimo, al civico n.8, ora giace silenziosa. E la instancabile clinica Life è oscurata: per due settimane, fino al voto del 10 aprile.

E’ stato il sortilegio della par-condicio a metterla al buio. Black-out Complice il giudice Marchi-Toni Garrani. Mercoledì scorso, nel Paese della Fiction il giudice Marchi avrebbe dovuto arrestare nientemeno che Giovanna Medici, la maggior azionista della Life, per due morti sospette di epatite virale. Ma il giudice Marchi,  fuori dal Paese della Fiction, si chiama Toni Garrani ed è candidato nelle liste della Rosa nel pugno. E poiché la presenza dell’attore-candidato in Incantesimo poteva e potrebbe rappresentare un potenziale caso di violazione della par-condicio, il direttore generale della Rai ha deciso di sospendere la fiction fino al 12 aprile. “Mi sono sentito come Mosè che divide le acque”, ha dichiarato Garrani. Aggiungendo con disappunto: “Tutta colpa di questa assurda e bizantina legge. E poi le fiction sono solo fiction”.

E se invece una fiction non fosse solo una fiction? E se le fiction lottizzassero realmente l’immaginario di destra, di sinistra, di centro, come suggerisce il gioco del “Corriere della sera”? A sinistra: La meglio gioventù, Orgoglio, Montalbano, Un posto al sole, Un medico in famiglia, Sospetti. A destra: Centovetrine, Incantesimo, Vento di Ponente, Un caso di coscienza. Al centro: Il Maresciallo Rocca, Elisa di Rivombrosa, Carabinieri, La Squadra, Distretto di Polizia.

Costringendoci a darci una regolata: chi non si schiera, reality è.

Nel Paese della Fiction oscurata già si aspetta la rivincita, e si vocifera su come andranno le cose. Non passerà molto tempo e anche quel 10 aprile, con il suo corredo di storie sarà risucchiato nelle strade, nelle piazze e nelle case del Paese, fino a diventare una contrada narrativa affollata di intrighi, passioni, tradimenti. Sul cancello svetterà un suggestivo cartello per i teleturisti. Dall’insegna inconfondibile: “come eravamo”.