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Giovanni Paolo II e Roma

Le tele(di)visioni del Papa

“Di quante divisioni dispone il papa?”, chiedeva (con scherno implicito) Stalin.

“Di quante tele(di)visioni dispone il papa?”, mi chiedo (con ebbrezza esplicita) entrando nella mostra  “Giovanni Paolo II e Roma”, aperta fino all'8 gennaio 2006 nel complesso del Vittoriano.

Ingresso. Una cortina nera, funerea, e dieci televisori Sony disposti verticalmente ai lati, a mo' di totem. Un totem di immagini in movimento. Un totem senza tabù, dove i pixel di tutto il mondo brillano per un unico evento: il rito funebre in piazza San Pietro. Lo stesso evento vissuto otto mesi fa, in diretta, sui maxischermi di via della Conciliazione. Ora, sonoro azzerato. Solo le facce. Il multilinguismo delle facce. Un nastro scorrevole di primi piani dei giornalisti della BBC e della tv araba, di ideogrammi cinesi e caratteri cirillici, di fedeli rivolti verso la telecamera e turisti con una telecamera in mano. La moltiplicazione dei piani e dei pixel: sequenze ad anello si travasano da uno schermo all'altro, scompaiono, ritornano, zampillano come giochi d'acqua incantatori. E' il potere evocativo delle immagini televisive. E' il nostro alfabeto visivo, sillabato all'infinito. Che a sua volta, in questo allestimento celebrativo, evoca la litania sussurrata di un rosario, la scansione ritmica delle stazioni di una via Crucis. Ed è solo l'ingresso: entrare per credere.

(27 dicembre 2005)