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Ripopolare la reggia

Peter Greenaway

Ripopolare la reggia

Venaria Reale (Torino), via Mensa 34.

Fino al 18 maggio 2008

www.lavenariareale.it

“Ci sono schermi ovunque oggi, dagli aeroporti ai centri commerciali, dai telefoni cellulari agli orologi da polso. E’ a questi schermi che bisogna pensare per essere all’avanguardia. L’atteggiamento dello spettatore cinematografico è del tutto passivo: due ore seduto al buio a guardare nella stessa direzione (…) La generazione X, cresciuta con il pc, ragiona secondo due canoni che sono preclusi al cinema per costituzione: l’interattività e la multimedialità. E Venaria è un luogo reale, storico, si può toccare il muro, annusare l’atmosfera, guardare centinaia di schermi sui quali si rincorrono personaggi di carne e sangue, usare il corpo per spostarsi da una stanza all’altra. Il linguaggio cinematografico esiste ancora, ma in un contesto più ampio e vario”.

Così Peter Greenaway, il regista inglese dei Misteri di Compton House, del Ventre dell’architetto, e del recente Nightwatching dedicato a Rembrandt e alla sua “Ronda di notte”, commenta il lavoro visivo che ha realizzato per la nuova stagione della Reggia di Venaria, riaperta al pubblico nell’ottobre 2007 dopo due secoli di abbandono.

Greenaway racconta che è arrivato a Venaria sette anni fa, quando la Reggia - capolavoro dell’architettura barocca realizzato per i Savoia dai più grandi architetti dell’epoca - era una meravigliosa rovina senza illuminazione, con i pavimenti sconnessi, e topi e graffiti dovunque. Come conservare quel fascino dopo l’indispensabile restauro architettonico? Come evitare di trasformarla in un museo senza vita?  Riportando in vita le persone, le stanze, i saloni di quattrocento anni fa. Trambusto e rumore, grida, mormorii, urla, risate, pianti, balli, ordini, comandi, segreti, confessioni, preghiere, canti, musica, lo strepitare degli zoccoli dei cavalli. “Ripopolare la Reggia” e l’idea ha dato il titolo all’installazione.

Che è una sorprendente, geniale, visionaria opera in cinque quadri cinematografici proiettati su schermi e sui muri lungo le cinquanta sale del piano nobile, dove è allestita anche la grande mostra “La Reggia di Venaria e i Savoia. Arte Magnificenza e Storia di una Corte Europea” (450 opere d’arte provenienti dai più prestigiosi musei del mondo, da venti collezioni italiane e da tutte le raccolte pubbliche del Piemonte).

Trecento tra personaggi e comparse in costume d’epoca: duchi e duchesse, cameriere, servitori, sguattere, cuochi, medici, preti, compositori, guardiacaccia, architetti, elemosinieri. Si presentano in prima persona e confessano amori, rancori, invidie. Il mondo vuoto e felice dei nobili ai piani alti, insieme a quello delle tremila e più persone che vivono con i ritmi del duro lavoro quotidiano. La cucina, dove regna un tirannico cuoco e un seguito turbolento di sguatteri, apprendisti e macellai persi tra fumi, vapori, odori, rivoli d’acqua. Gli appartamenti privati di Carlo Emanuele II e della moglie Maria Giovanna Battista, dove quaranta piccoli ritratti di damigelle d’onore dipinti intorno al 1660 si animano nei volti di dame di oggi che discorrono di tecniche di corteggiamento e strategie di tradimento. Un unico quadro vivente a 180 gradi racconta lo smisurato amore per la caccia al cervo e i cavalli della corte sabauda. Nella camera di Parata della Duchessa scorre lenta e solenne la processione di invitati delle corti europee, mentre un manipolo di pettegoli professionisti si diverte a sparlare di marchesi e contesse.

A interpretare i personaggi della corte, più di cento tra attori teatrali, star del cinema, volti televisivi: Ornella Muti, Remo Girone, Ennio Fantastichini, Iaia Forte, Alessandro Haber, Mattia Sbragia, Laura Curino, Valentina Cervi, Luciana Littizzetto, Piero Chiambretti.

La narrazione dei cinque quadri dura complessivamente circa 90 minuti. E’ un vero e proprio film, che richiede al visitatore una visita in tutta calma e disponibilità di tempo, per non perdere nemmeno una parola della magnifica sceneggiatura, venata di un pizzico di malinconia e tanta ironia. Greenaway, del resto, ha già pensato alla possibilità di fondere insieme le scene, in un’unica narrazione da presentare il prossimo anno a un grande festival, magari a Venezia. Un film che si possa vedere in sala, ma anche sul telefonino, intero o a pezzetti: “Il futuro ci dice che i modi per vedere un film saranno tantissimi e che la tecnologia ci deve aiutare. Ogni spettatore deve avere il proprio film, l’artista che lavora nel cinema deve muoversi in questa direzione”.

(7 aprile 2008)