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FotoGrafia

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Festival Internazionale di Roma

Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194

Fino al 25 maggio 2008

www.fotografiafestival.it

Dipende da chi la racconta, la normalità, e come. Per Gabriele Basilico - uno dei più noto fotografi documentaristi europei – normale è il silenzio del Tevere che vive la sua vita da separato in casa, e con Roma non ci parla più. Le ventiquattro foto in mostra a Palazzo delle Esposizioni (scelte tra 240, di cui 80 pubblicate nel catalogo) sono quel che di Roma il Tevere non dice: umori, tristezze, abbandono, rimpianto. Sono romantiche, nordiche, straniere. Foto invernali, scattate in giorni nuvolosi, quando i toni metallici dell’acqua si fondono con la luce diffusa e un po’ cupa del cielo.

Tevere Basilico

Lungo le anse e i ponti del fiume, da nord a sud della città, Basilico ricuce periferia e centro, marginalità e storia, i graffiti sul ponte di Ripa Grande, i relitti di un barcone presso il Ponte dell’Industria, il muretto dell’Ara Pacis, le facciate barocche, la mole di Castel Sant’Angelo. Ma non è straordinaria questa mancanza totale di anima viva, persona o uccello, auto o accampamento abusivo? Basilisco scende a pelo dell’acqua, poi si allontana in panoramica, è un esploratore che respira solo acqua e cielo, un prestigiatore che ha fatto sparire la città nel nulla.

Le città riappaiono senza bisogno di magia nelle foto di Paolo Woods - a pochi passi da Gabriele Basilico - corredate dall’inchiesta del giornalista Serge Michel. Parlano del “Far west cinese” e della “loro Africa”: quella dei cinquecentomila cinesi che hanno lasciato l’Oriente per cercare fortuna nel continente nero. Mentre l’occidente manda aiuti umanitari, i cinesi esportano manodopera specializzata in Congo, Angola, Nigeria, Algeria e costruiscono infrastrutture, fabbriche di sigarette, ospedali, ristoranti, nightclubs, pezzi di ricambio per automobili e migliaia di villette a schiera a due piani, seriali, perfettamente identiche l’una all’altra e terribilmente uguali alle nostre villette italiane.

Foto di Paolo Woods

Le foto di Paolo Woods danno un volto a operai cinesi e africani che lavorano insieme, negli stessi cantieri e officine, casco giallo per i cinesi e casco blu per gli africani. Raccontano la faccia globalizzata dello sfruttamento, ma anche vecchie immagini coloniali, comprese quelle delle nostre lontane campagne d’Africa. Ad esempio la cena degli imprenditori cinesi di Lagos, in Nigeria, con le mogli impernacchiate di gioielli e i camerieri nigeriani in uniformi color porpora, gli alamari dorati, direttamente importate dalla Cina. O l’imprenditore di Shanghai in bermuda, maglietta lacoste e cappellino da baseball, che parla al telefonino mentre un poliziotto nigeriano in divisa lo ripara dal sole reggendo un variopinto ombrello a spicchi gialli e verdi, sul fondale delle 544 villette in costruzione per la compagnia di petrolio Chevron. Poca complicità tra colleghi africani e cinesi, perché gli operai cinesi parlano appena qualche parola di inglese, ma soprattutto perché le relazioni tra i due popoli sono scoraggiate in tutti i modi. Niente amore né sesso, pena l’immediato licenziamento e il rientro in patria, e stessa sorte riservata a chi cade su una delle tantissime mine ancora sepolte in Angola, perché  i cinesi considerano lo sminamento una perdita di tempo.

Eppure, dicono i curatori, i cinesi seducono i popoli perché costruiscono strade, dighe, ospedali e seducono i dittatori perché non parlano di democrazia e trasparenza. Pechino non vuole clamore intorno alla sua conquista. Per questo le immagini di Paolo Woods sono rare, e preziose: ci aiutano a riflettere sulle contraddizioni del nuovo modello espansionistico cinese più di tanti convegni e manifestazioni organizzati in questi mesi di fiato olimpico sul collo.

 

P.S.  Al  secondo livello di Palazzo delle Esposizioni c’è il bar-ristorante del famoso chef Antonello Colonna. Non c’entra nulla con “Vedere la normalità”, ma fa riflettere anche lui. Basta consultare lo straordinario depliant con menù e prezzi. A parte le insalate toponomastiche (monti, trevi, ludovisi, esquilino, prati, parrione, sallustiano) che costano come un biglietto del bus turistico 110 Open (anche il ristorante infatti si chiama “Open Colonna”), il prezzo di un caffé è 2 euro. Un panino con mortadella, 7 euro. Una bottiglia di amarone doc, 300 euro. Lo champagne, 1000 euro. Chi festeggia e che cosa, a Palazzo delle Esposizioni?

(16 maggio 2008)