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Copertina libro

Jean-Philippe Toussaint

La Televisione

Einaudi, Torino, 2001, pp. 148, euro 12,39

Esterno giorno. Un’antenna tv spunta sul tetto di un casolare abbandonato: lì dentro ci vive qualcuno, si dicono gli investigatori, e scovano Bernardo Provenzano, il boss di Corleone.

Interno notte. Il chiarore lattiginoso dello schermo illumina il cadavere di una donna nella sua casa in Inghilterra: la trovano così, due anni dopo la morte, davanti al televisore ancora acceso.

Per la cronaca, il televisore è galeotto: tradisce una presenza o condanna a una “noia mortale” (è il commento fulminante di Caterpillar, RadioRai). E le tecniche di resistenza al video (cambiare spesso canale per confondere il nemico; pianificare una dieta ipocalorica fatta di poca informazione e qualche buon film; azzerare il sonoro per depistare le immagini) a volte non sono sufficienti. A mali estremi, estremi rimedi. Ovvero, un secco addio alle gioie secolari del piccolo schermo.

Gli dice addio il protagonista del romanzo di Jean-Philippe Toussaint, un professore universitario in anno sabbatico che spedisce in vacanza moglie incinta e figlioletto, e resta a Berlino per completare la stesura di un saggio su Tiziano Vecellio e Carlo V, di cui finora ha chiaro solo il titolo: Il pennello.

E’ fine luglio. Seduto tranquillamente in poltrona, il prof segue sullo schermo l’ultima tappa del Tour de France, poi si alza e spegne il televisore. “Un gesto semplice, disinvolto, ripetuto mille volte: il braccio si allunga e preme il pulsante, l’immagine implode e sparisce dallo schermo. Basta. Non ho mai più guardato la televisione”. A dirla tutta, il nostro avrebbe voglia di sbarazzarsene in modo ancor più radicale: acciuffare l’apparecchio per la grande antenna a baffo, con quella forma a V che tanto gli ricorda le antenne di un’aragosta, e immergerlo in una pentola d’acqua bollente.

Ma da dove gli viene questa avversione? Che cosa gli avrà mai fatto la tv?

divano e tv

E’ stato negli ultimi mesi, quando semidisteso sul divano, “un po’ come un gatto nella sua lettiera”, ha cominciato a guardarla per tre o quattro ore di fila, senza scegliere un programma particolare, seguendone solo il movimento, lo scintillio, la varietà. “Gli occhi fissi nel bagliore discontinuo dei cambi di inquadratura, a poco a poco sommerso dal flusso di immagini che illuminavano il mio volto…un gigantesco tappeto d’onde che quotidianamente si abbatteva sul mondo”. Irretito e al tempo stesso impaurito dal proprio vagabondaggio passivo tra le immagini, “perché la televisione è fluida e non concede alla riflessione il tempo di svilupparsi, nella sua permanente fuga in avanti, ma è anche stagna, dato che impedisce ogni scambio proficuo tra la nostra mente e gli argomenti che essa propone”.

Non sono i programmi, i reality piuttosto che i serial, i tg piuttosto che i talk show, la sua spina del fianco. E’ la natura stessa dell’oggetto, quei tre milioni di punti luminosi a varia intensità e quelle seicentoventicinque linee per immagine, ripetute venticinque volte al secondo, che lui vorrebbe annientare. Per tuffarsi invece nei pigmenti e nelle pennellate di una tela rinascimentale, nuotare nella pasta ancora leggermente umida d’olio di lino, scivolare lungo i millimetri quadrati di colore che compongono la nobile arte della pittura. 

Spenta e abbandonata in salotto, la scatola nera sembra aver perso ogni potere. E il professore potrebbe finalmente concentrarsi sul suo saggio in gestazione. Ma proprio perché ha deciso di non guardarla più, la televisione ora occupa ogni suo pensiero. In poche ore si trasforma in un oscuro oggetto di desiderio che lo chiama ad una buffa, capricciosa, stravagante guerra di logoramento, lunga tutta l’estate.

Mentre innaffia le piante dei vicini, il prof guarda l’apparecchio spento e legge sul giornale le informazioni sui programmi tv del giorno. Gli sembra un modo doppiamente intelligente di guardare la televisione: non soltanto avere una conoscenza approfondita del programma scelto, ma, per di più, non guardarlo. Torna a casa e nel buio, già in pigiama, osserva le luci dei teleschermi del caseggiato di fronte, ma d’incanto la finestra del terzo piano si trasforma in un riquadro televisivo dove appare una giovane nuda, bella come una creatura di Cranach. Il mattino dopo spara contro la scatola nera uno strato liquido e schiumoso di detersivo per lavare i vetri. Con sadico godimento.

Il professore provoca, sfida: ma la televisione si maschera gioiosamente con le immagini dell’arte. Lui si specchia nello schermo spento e lei mette in mostra alle sue spalle i mobili e gli oggetti come in uno specchio convesso alla Van Eych. Lui cerca il ritratto di Carlo V nel museo di Dahlem e lei glielo scoperchia nel monitor in bianco e nero della guardiola della vigilanza. Lui si incaponisce su Tiziano Vecellio e lei, d’improvviso, gli fa balzare agli occhi che le iniziali del pittore corrispondono alle sue iniziali: T.V.

Avvezzo a considerare “vera e palpitante” l’illusione della realtà nei quadri dell’Arte, il prof spregia come “semplice risultato meccanico di una tecnica senz’anima” l’illusione della realtà proposta dalla televisione. Ma quando si affaccia dalla preziosa cornice di un quadro rinascimentale, si trova a pencolare nella vertiginosa rappresentazione delle video-immagini. Che tutto ingoia e digerisce. L’irresistibile corpo a corpo non gli dà tregua: “anche in strada, nei caffé e sui mezzi di trasporto, alla radio e negli uffici, in tutte le conversazioni, non si parlava d’altro che di televisione, come se il supporto stesso della conversazione, la sua materia unica e viscerale, fosse diventata la televisione”.

E’ solo, il professore, senza alleati. Anche il figlio, di ritorno dalle vacanze, gli corre incontro con un videoregistratore in regalo. Anche la moglie, sdraiata sul letto, se la spassa a guardare il loro vicino di casa ospite di un talk show.

L’estate berlinese è finita. Il saggio su Tiziano illanguidisce. In casa i televisori sono diventati due. Con la mano sul pancione della moglie, il prof ascolta l’onda di una piccola scossa elettrica che le dilata la pelle del ventre. E’ la piccola che si muove. Ormai manca poco, ma la sfida è ancora aperta. Attenzione, professore: piccoli telecomandi crescono!

 

P.S. Ultime notizie dal fronte della resistenza:

1. In occasione dell’annuale Sciopero Nazionale dei Telespettatori (11 e 12 marzo scorso) chi si è presentato con il telecomando in mano nei cinema, nei musei e nei teatri convenzionati ha ottenuto sconti e agevolazioni (cfr. www.sciopero.tv).

2. Arriva dall’America il portachiavi-telecomando da usare nei locali pubblici, in grado di spegnere qualsiasi apparecchio televisivo molesto (in vendita sul sito www.tvbgone.com a 20 $).

(30 aprile 2006)