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Copertina libro

Federico Moccia

Ho voglia di te

Feltrinelli, Milano, 2006, p. 413, 16 euro

L’ho visto l’altra sera a Il senso della vita, il programma di Paolo Bonolis su Canale 5. Una puntata dedicata all’amore degli adolescenti. Federico Moccia, in gessato blu e camicia bianca con colletto aperto, rivolto al giovane pubblico con il tono protettivo di un fratello maggiore: “La cosa che mi ha colpito di più è che gli adulti tendono a vedere in modo sempre più staccato i sentimenti, le emozioni dell’adolescenza. Ma la bellezza del primo amore è che non immagini mai che ce ne sarà un secondo”. Sullo schermo scorre l’intervista a un gruppo di ragazzi in sella alle loro moto potenti, in piena notte, a Roma. “C’ho una paura matta, ma ci sono momenti che del pericolo non te ne frega niente. Quando corro di più, lei mi abbraccia. E allora è proprio bello.”

Tre metri sopra il cielo. Tre metri dentro un muro. Tre metri sotto terra. Tre metri sulle nuvole.

Tre metri è diventato un modo di dire. E’ entrato nel linguaggio comune degli adolescenti. Riveduto, corretto, reinterpretato, ironizzato, ma si torna sempre lì, a quell’unità di misura che pondera una distanza, un limite, un eccesso. “Ci sono dei muri nella vita dentro cui devi sbattere...”, dice il ragazzo dell’intervista. Ma c’è anche l’amore, all’orizzonte, risponde Moccia, “l’amore che rende straordinaria la gente comune”.

Gli adolescenti gli scrivono a migliaia. Sul blog, mille visitatori al giorno. Un diario virtuale che ha preso il posto del quaderno di un tempo, quello segreto, inaccessibile, chiuso a chiave con il lucchetto. Ed ora, potenza dei simboli, quel lucchetto ha messo le ali, ed è volato sulla città. Basta andare a Ponte Milvio, dove centinaia di lucchetti stanno crescendo, come polloni su un ramo, intorno al terzo lampione. Gli innamorati pensano, come Step e Gin in Ho voglia di te, che lasciando lì il loro e buttando la chiave nel Tevere si ameranno per sempre.

foto catena innamorati

Pare di vederlo Step, che fa penzolare la chiave sospesa nel vuoto, indecisa. Poi la lascia e lei vola giù a capofitto, rotea nell’aria e si perde tra le acque: “Gin mi guarda con aria strana, sognante, anche un po’ emozionata… Mi salta addosso, a cavalcioni, mi abbraccia, mi bacia, urla di gioia, è folle, è pazza, è… E’ bella”. Gin sta per Ginevra. “Ha i capelli raccolti, un giubbotto corto di pelle, con zip e cinturini, una divertente cintura azzurra 55 DSL, i pantaloni scuri a vita bassa, a cinque tasche e cuciture a contrasto. Borsa grande in tessuto Fake London Genius.”. Step guarda Gin come si guarda una rappresentazione animata. La riconosce attraverso gli oggetti che lei indossa, decriptando il linguaggio delle marche, dei colori, dei dettagli tecnici. Tutti gli oggetti, in questo romanzo, hanno un nome. Sono loro, gli oggetti e i loro nomi, a definire il carattere dei personaggi: un universo fisionomico fatto di abiti, scarpe, automobili, telefonini.

Ma anche tutti i bar, ristoranti, palestre, cinema, vie hanno un nome. Ancora nomi che disegnano l’orizzonte visivo di Step e Gin. I due innamorati attraversano Roma saccheggiandone la forma e i significati. In un’unica, infinita notte. Partendo dall’Ortobotanico, dove l’ex (!) teppista  ruba una rarissima orchidea selvaggia: “Apro il giubbotto, scoprendola. Come uno spinnaker che prende vento all’improvviso in mare aperto. E in un attimo tutto il suo profumo inonda la macchina”. All’ombra di una colonna del Campidoglio: “I suoi capelli, la sua schiena persi su quella base così antica, corrosa dal tempo, dalle venature sbiadite, dal marmo poroso ormai quasi stanco… si tiene stretta ai miei fianchi con le sue gambe, stringendomi in una morsa leggera…”. All’indomani della ‘prima volta’ di Gin tra le rovine del Foro romano: “Ma ci pensi? Chissà se dai tempi dell’antica Roma a oggi in quel posto l’aveva già fatto qualcuno”. “Nessuno, fidati”. “Allora abbiamo scritto un pezzo di storia… la nostra.”.

Step e Gin sono “consumattori” che scelgono i propri sogni in una vetrina di oggetti. Consumattori che camminano come in un inclusive tour. Non hanno un paesaggio interiore in cui incontrarsi, ma un universo di immagini da sostituire ai luoghi reali, un alfabeto visivo con cui sovrascrivere lo spazio e il tempo in cui si muovono. Un mondo, il loro mondo, fatto per finire in un video, il video della loro vita. Una vita disposta in modo da essere filmata e narrata. Come in una storia televisiva. Ed è lì, non a caso, che finiscono i due innamorati: Step assistente al grafico di ruolo nel programma “I nuovi geni” e Gin valletta che porta in scena la busta con il nome del vincitore. Un mondo diviso tra i cattivi (tre autori spocchiosi e vigliacchi che attentano all’onore della ragazza) e i buoni  (l’ideatore e regista del programma che spalancherà ai due innamorati le porte del successo con un nuovo contratto televisivo).

Federico Moccia, uno che la televisione la fa, che in televisione ci va (che ci è o ci fa?), come Crono inghiotte i suoi figli.“Creare, manipolare, guadagnare, ungere, trattare, ricattare, costruire, entusiasmare, produrre e mietere ore e ore di televisione. Comunque vada, con idee nuove, vecchi format, scopiazzature qua e là, ma comunque trasmettere. In mille modi attraverso quel piccolo elettrodomestico che tutti abbiamo conosciuto appena nati. Lei, la tv, il nostro grande fratello, o come sorelle, la nostra piccola seconda mamma. O forse la prima e l’unica. Ci ha fatto compagnia, ci ha voluto bene, ci ha allattato di generazione in generazione, con lo stesso latte catodico, fresco, a lunga conservazione, andato a male…”.

Mentre il senso della vita continua da Bonolis, che cita a modo suo John Lennon (“La vita è ciò che ti succede mentre ti stai occupando di un altro programma”), il senso della televisione va in vacanza in Thailandia, dove Federico Moccia spedisce Step e Gin. Un ottimo posto dove andare a pensare al contratto per la prossima trasmissione. “A marzo, un gioco sulla musica. Una trasmissione facile facile e già collaudata in diversi paesi d’Europa. Fa più del trentacinque per cento in Spagna.”. L’autore ha già scritto un pezzo speciale su Step: “Uscirà tra qualche giorno. Diventerai famoso”.

(7 ottobre 2006)