luisellabolla.it - Diario di una telescrivente

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Curricolì Curricolà

Luisella a due anni

Salve, sono Luisella Bolla, all'anagrafe Maria Luisa.

Anno di nascita: 1957, segno: Carosello.

Specie femminile: rizomatiche. Ci sono le donne-albero, le donne-fiore, le donne-bulbo, le donne-cactacee. Io sono donna-rizoma, con fusto metamorfosato, tutto nodi e radici sotterranee. Un po' come il tubo catodico, io lo immagino molto contorto.

Non so se il tubo nutra passioni ed emozioni per i mezzi di comunicazione: io sì.

Passioni: la più grande è stata la radio, tra il 1986 e il 2000.

All'inizio scrivevo brevi sceneggiature per i programmi Rai della Campania (il primo attore con cui ho lavorato è stato Toni Servillo, che ha recitato le mie scenette senza fiatare). Qualche titolo: Gli archivi Alinari, Teresa Ravaschieri, Curriculum vitae. Poi ho cominciato a farmi le ossa curando la regia dei programmi scritti da altri: Le forme della mente, Com'era bello il Bel Paese, Paradiso infernal celeste inferno, Rosso Cardinale.

Un bel giorno sono andata in voce: si dice così in gergo radiofonico.

Ho cominciato a scrivere con Sergio Lambiase: inventavamo e interpretavamo come voci narranti i protagonisti delle nostre storie. In Fugaci voci, liberamente tratto dai “Misteri del chiostro napoletano”, ero Enrichetta Caracciolo, monacata a forza in San Gregorio Armeno a Napoli e Sergio era un maestro di cappella, chiamato dalla badessa per comporre un'opera degna di emulare il grande Pergolesi. Tra i due nasce un'amicizia elettiva, fatta di canto e musica, finché all'arrivo dei garibaldini lei fugge a rotta di collo dalla clausura per unirsi alle truppe dell'eroe dei due mondi e il kapellmeister resta solo, con il fortepiano intrappolato nella stanzetta del monastero. Per settimane abbiamo girato tra Spaccanapoli e Forcella, panorama di Napoli Nagra a tracolla e microfono in mano registrando voci, rumori, e silenziose liquefazioni del sangue di Santa Patrizia. Al nostro ritorno, i tecnici della radiofonia si mettevano le mani nei capelli, scuotevano la testa, buttavano le bobine, eppure in quegli studi striminziti è nato un nuovo modello radiofonico (parole del responsabile dei programmi) ma soprattutto sono nate amicizie imperiture.

Dopo Fugaci voci ci abbiamo riprovato, Sergio ed io, con tanti programmi più o meno fortunati. Sempre mescolando voci colte al volo, documenti sonori, frammenti di libri e spezzoni di film. I più amati: Turno pomeridiano, Capri diem, Stanze d'autore, Un anno vissuto pericolosamente.

Ma, ahimé, le radici della curiosità e del gioco si arravogliano nelle spoetizzanti leggi della sopravvivenza. Che vuol dire supplenze annuali, lezioni private, redazione di tesi di laurea (illecite e ben pagate), collaborazioni editoriali (lecite e mal pagate).

Sono stata copywriter, per un anno, in una agenzia di pubblicità (la più importante e prestigiosa del Mezzogiorno, a detta del suo direttore). Nei brainstorming ho fatto i conti con i funambolismi della parola e le angosce della creatività applicata al mercato. pubblicità Primo, conoscenza diretta del prodotto: di prima mattina, il copy intinge i Ritz Saiwa nella scatola di pelati e sperimenta le qualità intrinseche della pummarola. Altro che schifezze dell'isola dei famosi! E' venuto fuori un ricettario di cucina (edito dall'industria conserviera più famosa in Italia, per le sue alterne vicende) a dir poco scandaloso, visto che a quei tempi non sapevo cucinare neanche un uovo al burro. Ma in pubblicità tutti diventiamo quasi senza accorgercene un prodotto in scatola (o sottovetro) da sperimentare. Così, nel pozzo senza fondo dei servizi resi all'agenzia vanno inserite anche le performance come “modella di prova” per la campagna pubblicitaria di un'acqua minerale. Un catalogo esilarante (e straziante) di scritture-immagini creative raccolte in un faldone che dovrò rispolverare, un giorno o l'altro.

Nel 1991 mi sono trasferita a Roma, lasciando gli affetti (e gli effetti personali) a Napoli. Era la vigilia di Natale. Un regista della televisione (partenopeo) mi dice: “Che stai a fare a Napoli? Tutto quello che succede, succede a Roma”. Quindici giorni dopo, jamme jamme, ja' ero nella Capitale. Grandi progetti mediatici. Non se ne è fatto nulla, però a Roma sono rimasta. Ci ho messo radici da quindici anni.

Ho ripreso a scrivere per la radio. Alla grande (si fa per dire). Titolo: In diretta dal '43. Dagli studi di Napoli (ah, le andate e i ritorni!), ancora con Sergio Lambiase, su Radiouno per sei mesi, giorno dopo giorno. La guerra vista dalla parte dell'Italia e degli italiani, sul filo dei ricordi, delle canzoni, degli spezzoni di film, delle testimonianze. E' incredibile cosa possano comunicare voci e rumori di cinquant'anni prima. Gli ascoltatori non ci hanno messo molto a farsi sentire con lettere, telefonate e telegrammi. “Pregasi trasmettere canzone questa notte ci invita cantata zara prima. Gruppo anziani”. “Ci riuniamo per ascoltarvi tutti insieme”. “Sono una ragazza appassionata di storia io e mio padre abbiamo seguito appassionatamente la vostra trasmissione per tutta l'estate”. Chi l'avrebbe detto? La magia della radio, quel tagli e cuci di frammenti sonori fatto di ricerca, di passione e di ascolto creava emozioni, rianimava ricordi di gioie e dolori, saldava piccole comunità.

Luisella e Sergio in radio

Ma… mentre noi si tagliava e incollava nastro magnetico tra consolle e multipiste, la radio stava diventando di flusso. Ci aspettavano contenitori radiofonici di dimensioni mostruose, da realizzare in tempi incalzanti, in diretta: dalle tre ore di Minuti in…alle cinque ore di Cocomero. I battenti della mia avventura di autrice radiofonica si sono chiusi qualche anno dopo con le cinque puntate di Napoli, mare con vista, un reportage per Cento lire. Documentari d'autore, RadioTre.

Nel frattempo, siccome sono una donna-rizoma, eccomi a sguazzare lungo altre vasche e ramificare in  altri palazzi targati Rai.

Nel 1993 una giuria di professori ed esperti di comunicazioni di massa premia Vissi d'arte, un progetto di ricerca che avevo inviato al Concorso indetto dalla VQPT (Verifica Qualitativa Programmi Trasmessi: sì, proprio così, è uno degli acronimi più orribili usciti dai cervelli del Consiglio di Amministrazione della Rai). Tema: le arti figurative e il patrimonio artistico nella televisione italiana. Il progetto va in porto e diventa ricerca. 

Celestino Spada, allora direttore editoriale della VQPT, mi fa conoscere Flaminia Cardini, e da questo momento inizia un sodalizio decennale di osservazione e scrittura sulla televisione di ieri e di oggi. Giorni, mesi, anni di pizze, bobine e cassette, di Betacam e Bvu, di Play, Pause, Rew, Fwd, Stop, Eject pigiati nelle salette degli Archivi Rai del Salario (anche di questo antro della Sibilla, prima che crolli, bisognerà raccontare la storia). I risultati li trovate nella sezione Libri: TV

La conferma che tutte le strade portano a Roma, e che quel regista della televisione non aveva poi tutti i torti, è l'avventura che ho vissuto negli archivi storici della Capitale, dove le radici sotterranee hanno avuto modo di riguadagnare terreno. Un paio d'anni a caccia di immagini per i primi quattro volumi della Storia fotografica di Roma pubblicata, vedi un po' tu, da un editore napoletano! E sì, che ce ne costa lacrime…

Nella sezione Libri trovate anche l'ultimo nato. Ma questa è tutta un'altra storia. Incantesimi. Alice nel Paese della Fiction. In nomen omen: nel nome c'è il destino, il presagio, l'augurio. Alice siamo noi, Alice dentro lo schermo televisivo, Alice fuori a spasso nella realtà delle immagini.

Ebbene, visto che sto ancora gironzolando su questa strada, vi lancio una foto come indizio dei miei pedinamenti. Curriculì Curriculà: ne riparliamo presto, almeno lo spero.

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