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Gassman

Luisella Bolla e Flaminia Cardini

Vittorio Gassman

Una vita da mattatore

Rai-Eri, Roma, 2002
Libro (pp.128) e Video (90')

Riccioli biondi e tunichetta, splendente come Giove, Gassman palleggia sull'Olimpo, dribbla avvenenti dee cestiste e va in canestro. Barba folta, voce cavernosa e occhio da tenebroso Mangiafuoco, si pavoneggia davanti ad un punzecchiante Giorgio Manganelli. L'eterna sigaretta tra le dita e l'espressione da principe illuminato, diffonde il Verbo teatrale tra i caschi gialli dell'Italsider di Taranto. Armato della durlindana di Brancaleone duella impavido contro “li videi che ci condizionano e ci tenzonano”.

Gassman istrione. Gassman mostro sacro. Gassman icona del teatro classico. Troppo bello, troppo bravo, troppo tutto. Ma quando salta la soglia tra pubblico e privato per confessare le proprie fragilità e raccontarsi, sotto la scorza dell'istrione viene alla luce la sua generosità, umanità, passione civile.

Tantissime le apparizioni di Gassman in quasi cinquant'anni di televisione: teatro, poesia, varietà, fiction, sketch, spot pubblicitari. Quasi una seconda pelle. Nel video ha sfornato tipi e caratteri che sono entrati nella storia della cultura e del costume italiani. Ma é anche uscito dalla teatralità tradizionale per raccontare con piglio zavattiniano vicende e personaggi del suo tempo, come nel 1963, quando va a incontrare con la troupe della Rai Danilo Dolci e Alcide Cervi. Reportage commossi, pieni di rispetto e di adesione alla loro storia. Sono loro,  dice Gassman, il “teatro della realtà”. 

La televisione invece é il “teatro delle telecamere”, di cui dire tutto e il contrario di tutto. Come fanno quasi tutti. E' più pericolosa della mucca pazza, é una noia, é il diavolo: “La tv, che cos'é la tv? Dio allontana da me questo calice!”. Ma é anche curiosa, é anche un'amica del teatro: “La tv potrebbe concorrere a creare quella scuola dei mestieri e delle arti che tanto si attaglierebbe al nostro Paese”.

A Canzonissima, nel 1972, Gassman escogita un esercizio di resistenza al video spegnendo la leva “Audio” che campeggia nel Teatro delle Vittorie. Improvvisamente non sentiamo più nulla. Lo vediamo parlare, avvicinarsi al maestro Simonetti, guardare Pippo Baudo e Loretta Goggi che ballano, esporre un cartello con la scritta “Non é bella così Canzonissima? A me così piace”. Due minuti e mezzo di azzeramento del sonoro, un tempo infinito per la tv, un effetto straniante che anticipa il Celentano di Fantastico che convincerà milioni di italiani a spegnere le luci di casa per due minuti.

Vent'anni dopo, la vendetta della tv. In Q come cultura, 1993, Gianni Ippoliti offre Gassman in pasto al suo pubblico sgangherato come personaggio misterioso da indovinare. La gigantografia dell'attore appare per dieci settimane sul widiwall dello studio, ma nessuno telefona, nessuno lo riconosce. Finché nell'ultima puntata é lui, Vittorio Gassman in carne ed ossa, ad attraversare lo studio, scuotendo il capo e allargando le braccia in segno di incredulità e di sconfitta.

Anche lui alle prese con l'eterno dilemma della televisione: esserci o non esserci, questo é il problema.