luisellabolla.it - Diario di una telescrivente

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Tutte le donne della mia vita

Come inizia il libro

“Tranquillo, Davide” dice l’infermiera. “Ora chiudiamo.”

Tranquillo? Si può mai stare tranquilli con le donne? Mi hanno infilato qua dentro, ma io voglio dormire nel mare. Mare, latte. Adesso è un mare di latte. Caldo, bianco.

“Non si addormenti, mi raccomando. Deve contare.”

Sì, devo contare, conto. Uno, due, tre... Camera iperbarica. Pancia. Culla. Acciaio. Sono già stato qua dentro? Non mi ricordo…

 

Si dice che la vita sia una tragedia per chi ha cuore, e una commedia per chi ha testa. Non so se la mia vita sia una tragedia o una commedia. Tutte le donne della mia vita sono la mia vita. Uno, due, tre...

Dove comincia il cielo? Dove finisce il mare?

Cerco un sentiero sull’acqua. Mare, cielo. Fino alla spiaggia. Sulla sabbia un uomo. E un bambino. L’uomo porge un frutto di mare al bambino. Lui lo guarda. Guarda quella strana stella arancione, si perde nelle sfumature di arancione sul fondo nero. I due continuano a guardare il riccio. Sembrano felici, sembrano una cosa sola. E a me sembra di volare nel mare e di nuotare nel cielo. Sono felice anch’io. Dove mi trovo? Mi sono perso… Aiuto!

In camera iperbarica riaffiorano i ricordi, la memoria corre, rincorre, i pensieri si schiudono. Vediamo. C’erano i ricci e c’era Diletta... I ricci rotolano nell’acqua. Lentamente. Non riesco ad afferrarli, scendo giù, sempre più giù. Turbinio, aria, acqua e bollicine. Sembra la neve delle bocce di vetro, sembra una danza, lenta. Come adesso: pace, quiete.

Uno, due, tre, quattro… a quanti metri sono sceso? Quindici, venti. Ricordo il sussurro del mare, suadente. Blu. Turchese. Azzurro. Di nuovo blu. Tocco il fondo. Poi su, senza pesi. Là sopra c’è Diletta, in un vortice di colori rimescolati.

Un oblò. Mi guardano, da fuori. Mettere a fuoco ciò che vedo. Difficile. Labbra, dolce-speziato, cascata di capelli, anello, lapislazzuli, verde, occhi. E’ più difficile dimenticare o ricordare? Sorridono, mi sorridono. Battono sul vetro, salutano muovendo le dita. Che dicono? Non sento.

Chi l’ha detto che in camera iperbarica si diventa euforici? Si rallenta qua dentro. Rallento. Slow, sempre più slow... Fa freddo. Gelato-Salato. Mi fa male la spalla. Eppure dovrei essere di buon umore. Sono salvo.

Devo contare, ha detto l’infermiera. Non devo addormentarmi.

Uno, due, tre… Ricordo un altro oblò. Dove… quando?