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Federico Zeri

Luisella Bolla e Flaminia Cardini

Federico Zeri

L'enfant terrible della tv italiana

Rai-Eri, Roma, 2000, pp. 127.

La sua vita é una ruota di affinità elettive e legami pericolosi, grandi passioni e avversioni feroci. Ci salgono uomini e donne che hanno segnato il secolo scorso: Roberto Longhi e Bernard Berenson,  Paul Getty e Giovanni XXIII, la principessa Isabel Colonna e Greta Garbo.

Esperto di storia dell'arte, autore di numerosi libri (sul suo passaporto e nel suo testamento si definiva “scrittore d'arte”) e di cataloghi di musei come il Metropolitan di New York e la Galleria Spada a Roma. Specialista di storia della pittura dal XII al XVI secolo, ma soprattutto uomo di ampia cultura artistica e scientifica, dotato di prodigiosa memoria, inguaribile collezionista.

Onnivoro, pantagruelico e grande comunicatore: ha usato la televisione come strumento di divulgazione e di denuncia, ma anche come gioco ironico e provocatorio, quasi a schernire la pretesa maestà della scienza. Partecipa, divulga, scandalizza, ma senza mai diventare complice di una spettacolarità fine a se stessa.

Tutto comincia il 10 settembre 1984 con la beffa dei Falsi Modì in diretta su RaiUno in prima serata. I quattro studenti autori delle teste in pietra ritrovate nel Fosso Reale di Livorno, e subito attribuite da prestigiosi esperti d'arte ad Amedeo Modigliani, scolpiscono davanti alle telecamere  una nuova testa a colpi di black&decker. Zeri, in collegamento dalla sua casa di Mentana, partecipa sornione all'evento: quelle sculture, lui l'aveva detto qualche giorno prima, sono “paracarri incisi, mammozzi”. Ma sono anche l'occasione per parlare dell'occhio, della sensibilità di chi guarda, dell'arte moderna.

Da quel momento, interverrà in tv per dire la sua a modo suo: con la bavarola e la cuffietta a protestare contro il restauro della Cappella Sistina. In caffettano celeste e babbucce di strass ad annunciare che il trono Ludovisi é un falso. Da Piero Chiambretti, sul podio del Laureato a paragonare Mike Bongiorno e Pippo Baudo ai bronzi di Riace. Oppure a rivangare in un'intervista-confessione l'antica polemica con il suo maestro Roberto Longhi, definendolo un “miserabile”. La vita di Zeri può essere letta per dicotomie: simpatie e  antipatie umorali, scherzi goliardici e giudizi lapidari. Ma sempre con terribile sincerità, fragorosa e lucidissima. Si autoritrae in un'intervista televisiva: “Serio nelle cose superficiali, buffone nelle cose che gli altri chiamano serie. Questa é la cosa più importante. Se ci si prende troppo sul serio, finisce la gioia di vivere”.

Anche quando scandalizza Zeri ha un preciso progetto: la denuncia e la tutela del patrimonio artistico. Partecipa a reportage sullo stato rovinoso dell'Appia Antica. Come inviato per la rubrica Bellitalia porta le telecamere in giro per l'Italia alla ricerca dei luoghi d'arte meno conosciuti e più abbandonati all'incuria. Nel 1997, dopo il terremoto in Umbria, cammina tra i calcinacci e le macerie con il casco giallo di protezione, smarrito per l'irreparabile ma già pronto ad attaccare le lentezze burocratiche di amministratori e ministeri. 

Zeri é morto nel 1998. Necrologi, servizi giornalistici dalla camera ardente, dichiarazioni. Poi il silenzio. Ha lasciato in eredità all'Università di Bologna l'immensa fototeca e biblioteca della sua casa-museo di Mentana Con felice preveggenza, Stefano Bartezzaghi aveva anagrammato il suo nome: Federico Zeri = Cede forzieri. Che fine hanno fatto, a tutt'oggi?